PROCESso
AEMILIA
MOVIMENTO AGENDE ROSSE
di SALVATORE BORSELLINO
gruppo MAURO ROSTAGNO - MODENA
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AEmilia 1992
rito ordinario - primo grado
TRASCRIZIONE DELL'INTERA UDIENZA
venerdì 21 febbraio 2020
Ore 9.06 - presenti in Corte d'Assise, operativi. In attesa dell'entrata della Corte.
IL TESTO CHE SEGUE VERRA' SBOBINATO E CORRETTO APPENA POSSIBILE - RIPORTIAMO, PER IL MOMENTO, LA SBOBINATURA DELLA REQUISITORIA DELLA PM BEATRICE RONCHI.
PM Beatrice Ronchi: cominciamo! (ore 11.03)
Prendendo la parola all’esito di tutte queste numerose udienze che abbiamo condiviso vorrei innanzitutto, se me lo consentite, ringraziare per l’impegno profuso da tutti nei rispettivi ruoli la Corte, i giudici togati, i giudici popolari, il personale amministrativo ed ausiliare anche nel mio ufficio che non è presente oggi le difese degli imputati, le parti civili, anche se spiace e sorprende che non sia presente il comune di Reggio Emilia, la polizia giudiziaria per il grande sforzo che ha fatto sempre volto alla ricerca della verità. Vorrei ringraziare anche tutti coloro che sono stati presenti alle varie udienze per informarsi e per informare gli altri su un pezzo di storia neanche troppo datata di questa provincia. Vorrei anche dare il benvenuto agli studenti dell’Istituto scientifico di Reggio Emilia e ai loro insegnanti ringraziandoli per questi importanti iniziative e per questa presenza.
Come sappiamo ci occupiamo degli omicidi Vasapollo Nicola e Ruggiero Giuseppe perpetrati nel 1992 nella provincia di Reggio Emilia. Questi fatti di sangue sono stati oggetto già di un processo negli anni ’90 primo e secondo grado, passando in giudicato nella sentenza il 2.5.1997. Successivamente a questi anni, a questo passaggio in giudicato, nei venti anni che sono seguiti numerose indagini della DDA di Reggio Calabria, di Catanzaro, di Milano, ci mettiamo pure Bologna, hanno contribuito a far conoscere il fenomeno della ‘ndrangheta e a ricostruire l’espansione in territori diversi dalla Calabria: qua al nord Italia, lo sappiamo bene, ma anche in Europa, Australia, Canada. E ancora diverse indagini poi oggetto di processi e di sentenze ormai definitive hanno fatto luce sempre di più progressivamente sulla guerra di mafia tra le famiglie Dragone comandate da Dragone Antonio classe 43 e dopo il suo arresto dal figlio Dragone Raffaele classe 68, dal nipote Dragone Raffaele classe 63. La guerra di mafia tra Dragone, dicevo, e Vasapollo hanno fatto luce sulla progressiva ascesa del boss Grande Aracri Nicolino prima ai danni degli stessi Dragone, ricordiamo che il figlio Dragone Raffaele classe 68 è stato ucciso il 31 agosto del ‘99 mentre suo padre Dragone Antonio cl. 43 è stato ucciso il 10 maggio del 2004. E poi l’ascesa ai danni della cosca Arena sino alla pace raggiunta negli anni 2006/2007 che ha consentito una ulteriore espansione del sodalizio Grande Aracri una volta cessate le uccisioni e gli attentati.
Quindi diciamo che per iniziare facendo un po’ d’ordine, perché sono tantissime le cose che ho da dire, devo elencare perché sono dati che ci serviranno in seguito intanto puntelliamo la sequenza di morti e omicidi collegati tra loro che si sono susseguiti nel tempo. Questo elenco, molto più dettagliato, lo abbiamo prodotto all’udienza del 10 maggio 2019 e in questo elenco, in questa sequenza si inseriscono anche gli omicidi di cui noi ci occupiamo. Nel corso del dibattimento abbiamo prodotto tutte le sentenze che hanno trattato questi fatti omicidiari, dove non vi erano le sentenze abbiamo recuperato e prodotto i cosiddetti atti irripetibili presi dai fascicoli dell’epoca e dove non abbiamo trovato nemmeno questo abbiamo prodotto le pagine dei giornali che all’epoca parlavano dello specifico evento, naturalmente parlo dei fatti degli anni 60/70 dove non abbiamo trovato più diciamo, il documento, l’atto dei fascicoli.
E allora cercherò di essere il più sintetica possibile. Intanto negli anni 70 a Cutro abbiamo la faida tra i Dragone e gli Oliverio. Anche solo per esemplificare muore viene ucciso il 6/1/73 Dragone Francesco classe 42 che è fratello del boss Dragone Antonio classe 43. Dall’altra parte viene ucciso Oliverio Gaetano classe 20 il 10/8/73.
In questo elenco saltando tutta l’esatta cronologia troviamo che il 20/7/77 viene ucciso a Cutro Valerio Luigi detto “Gino”, padre del nostro Valerio Antonio, dico nostro inteso nostro teste qui, ha esordito lui in questo dibattimento, il collaboratore di giustizia. L’omicidio è stato commesso da Ruggiero Rosario cl. 47 detto “tre dita”. Il 31/10/78 è stato ucciso a Cutro Spagnolo Antonio classe 26 il mandante è stato Dragone Antonio cl. 43 è una morte per cui Dragone è stato condannato e da qui la sentenza in giudicato che l’ha portato poi ha trascorrere tanti anni in carcere, poi lo vedremo.
Il 21/9/79 a Reggio Emilia nel corso di un attentato incendiario che lui stesso stava compiendo insieme a complici ai danni del locale “Pink Pussycat”, muore Vasapollo Giuseppe. Vasapolllo Giuseppe è il fratello del nostro Vasapollo Nicola. Il fuoco, l’incendio, lo stavano appiccando insieme Vasapollo Giuseppe alla Lagrotteria Paolino cl 58 e rimane accidentalmente all’interno del locale in fiamme Vasapollo Giuseppe che, appunto, muore. E Lagrotteria Paolino viene condannato per incendio e danneggiamento aggravato.
Il 21/11/86 in questo elenco ricordiamo che Ruggiero Rosario cl. 47 detto “tre dita” viene fatto oggetto di un attentato mentre stava facendo rientro in carcere da semilibero, siamo in san Mauro Marchesato (KR). Con lui viene ferito anche Mattace Francesco classe, 49 erano insieme, ed è un atto di vendetta della famiglia Valerio, sempre del nostro Valerio Antonio, come ritorsione all’uccisone nel ’77 di Valerio “Gino” il padre di Valerio Antonio. Ce ne ha parlato Valerio Antonio all’udienza del 12 aprile 2019 dicendo che suo zio Valerio Francesco, suo nonno Valerio Gaetano e suo fratello Valerio Gaetano avevano dato mandato a un soggetto a nome Vasapollo Vincenzo che non è parente dei nostri Vasapollo, ma è un amico del defunto Valerio “Gino”, padre di Valerio Antonio, affinché uccidesse appunto “tre dita”.
Abbiamo poi il 31/10/1987 Ruggero Rosario cl 43 detto “tre dita” e suo figlio Ruggiero Giuseppe cl. 68 soprannominato “capaspigghiu” compiono un attentato con tentato omicidio ai danni di Valerio Francesco che è sempre lo zio di Valerio Antonio, ai danni di Valerio Gaetano che è il nonno di Valerio Antonio e di Valerio Marianna che è una bambina piccola, aveva 4 anni all’epoca, ed era una cuginetta di Valerio Antonio. Non muoiono, non ci sono morti ma appunto vengono esplose contro queste persone numerosi colpi di arma da fuoco. E per questo episodio abbiamo prodotto il mandato di cattura del 21/12/1988 nei confronti di Ruggiero Rosario “tre dita” e di suo figlio Ruggiero Giuseppe che non è il nostro Ruggiero Giuseppe.
Il 9/7/88 Ruggiero Rosario sempre “tre dita” cl. 47spara colpi di arma da fuoco ancora nei confronti di Valerio Gaetano, nonno di Valerio Antonio e il padre di Valerio “Gino” ucciso nel 1977. Viene fatta la perquisizione viene trovato a Ruggiero Rosario “tre dita” una pistola calibro 765 viene tratto in arresto e diciamo sconta questi reati, viene condannato. Quando viene rilasciato Ruggiero Rosario “tre dita” se ne va in Germania e successivamente nel febbraio del 1992 torna a vivere a Cutro. Quindi abbiamo nel febbraio del 1992 Ruggiero Rosario “tre dita” a Cutro.
Ricordiamo poi un altro attentato: il 26/5/89 in Calabria viene fatto un attentato nei confronti di Arena Francesco cl. 28. E’ il vertice in quel momento della cosca Arena e vi è una faida in corso fra gli Arena e i Maesano, sono le famiglie di Isola Capo Rizzuto. Qualche giorno dopo viene ucciso il 28/5/89 a Cutro Ruggiero Francesco cl. 52, è il fratello di Ruggiero Giuseppe, nostro, ucciso a Brescello. Su questo torneremo ci sono una serie di motivazioni per cui viene ucciso questo Ruggiero Francesco tra cui il fatto che era stato ritenuto responsabile del fallito attentato nei confronti di Arena Francesco cl. 28 di cui abbiamo appena parlato.
Il 6/5/90 a Reggio Emilia c’è un tentato omicidio di D’Angelo Antonino cl. 58 detto “Nino” ad opera di Bellini Paolo reo confesso e di Valerio Antonio, reo confesso. Il 31/7/90 a Cutro c’è il tentato omicidio di Villirillo Antonio cl. 63 detto “Ballocco”, sono stati tratti in arresto poi condannati Sarcone Nicolino e suo fratello Gianluigi. Il 30/9/90 viene assassinata a Crotone Martina Cosimo da parte di Bellini Paolo, reo confesso. Questa data, 30/9/90 ci permette di datare un episodio su cui torneremo che poi ci ha riferito Valerio.
Proseguendo di ciò che ci interessa Il 14/9/91 viene trovato morto per overdose a Carpi, Modena nel suo appartamento Dragone Salvatore cl. 67 figlio di Dragone Antonio cl. 43, quindi il figlio maggiore del boss Dragone Antonio, viene trovato morto per overdose.
Il 24/6/92 viene ucciso a Cutro Ruggiero Rosario “tre dita” l’omicidio è ricostruito da un punto di vista giudiziario progressivamente nella operazione Filottete della DDA di Catanzaro, ci torneremo poi. Lo attestano però varie sentenze, poi ci torneremo, sostanzialmente in quel frangente la famiglia Ruggiero crede che uno dei killer che ha ucciso il famigliare “tre dita” sul luogo del delitto presente, sia stato Lagrotteria Paolino.
Il 13/8/92 a Cutro viene assassinato, Lagrotteria Paolino cl. 58, elemento anche di ‘ndrangheta della famiglia Ciampà/Dragone, viene ferita la moglie di Lagrotteria Paolino, che si chiama Barberio Rosaria classe ’69. L’omicidio è commesso da Bellini Paolo reo confesso e da Minniti Antonio classe 61.
Anche qui abbiamo delle sentenze che attestano tuttavia la circostanza che la famiglia Ciampà a cui apparteneva Lagrotteria Paolino crede che comunque fra gli esecutori materiali e i soggetti coinvolti in questo omicidio del loro famigliare ci siano Ruggiero Dramore classe 63, che è il fratello di “tre dita” che era stato ammazzato un mese e mezzo prima e Ruggiero Giuseppe classe 68 “capaspigghiu” che è nipote di Dramore ed è figlio di “tre dita”. A supportare anche questa convinzione e il dato di fatto oggettivo è che il giorno,... praticamente l’omicidio di Lagrotteria avviene attorno alle 23.45 del 13 di agosto, nelle prime ore del mattino del 14/8, quindi a poche ore, sostanzialmente, cambia il giorno, viene fatta una perquisizione a casa appunto da Ruggiero Dramore gli vengono trovate due pistole con matricola abrasa una 765 e una nove Luger e per questi fatti viene arrestato e condannato Dramore. Viene fatto lo STUB a Dramore e al nipote Ruggiero Giuseppe “capaspigghiu” e per “capaspigghiu” lo STUB è positivo, cioè ha addosso residui di polvere da sparo.
Quello stesso giorno il 14 viene celebrato a lutto il matrimonio fra Crivaro Antonio classe 68 che è nipote di Lagrotteria Paolino e Ciampà Stella che è una nipote, nel senso che è suo nonno, Ciampà Paolo, detto “zu peppe”, zio peppe quello che noi abbiamo chiamato il capostipite dei Ciampà.
Continuando il 6/9/92 in località Colonie Padane, Cremona, vengono uccisi Ruggiero Dramore classe 63, fratello di “tre dita” e anche per errore Muto Antonio classe 54. Il 15/9/92 viene ucciso presso la discarica in località a Cutro, Gandini Marcello classe 52 soprannominato “ponghino”, ritenuto soggetto che andava eliminato perché era curioso e parlava troppo di fatti di ‘ndrangheta e quindi andava eliminato e così è stato fatto.
Il 21/9/92 viene ucciso Vasapollo Nicola classe 58 presso la sua abitazione a Reggio Emilia dove stava agli arresti domiciliari. Il 22/10/92 viene ucciso a Brescello Ruggiero Giuseppe classe 57 che è il nostro Ruggiero Giuseppe, sostanzialmente ed è fratello di quel Ruggiero Francesco che ho menzionato prima ucciso nell’89. Dopodichè abbiamo altri omicidi nel novembre/dicembre del 1992 ad opera di Bellini Paolo, abbiamo prodotto le sentenze, abbiamo anche l’omicidio il 29/12/92 di Luca Domenico classe 50.
Il 5/1/93, quindi cambiamo anno, viene assassinato a Cutro Villirillo Antonio classe 63 il “ballocco” di prima che aveva avuto il tentato omicidio per cui erano stati condannati Sarcone Nicolino e Sarcone Gianluigi.
Tralasciando diciamo altre uccisioni che non sono assolutamente ai nostri fatti, per completare questo elenco e per orientarci meglio successivamente diciamo che il 9/12/98 in Reggio Emilia viene assassinato Abramo Giuseppe Gesualdo classe 72, che è fratello di Abramo Giovanni che è il genero di Grande Aracri Nicolino.
Il 18/12/98 sempre a Reggio Emilia viene lanciata una bomba a mano all’interno del locale “Il Pendolino” che è proprietà del cutrese Romano Carmine classe 58. Il 16/4/99 viene assassinato per errore a Reggio Emilia, Truzzi Oscar classe 67 ad opera di Bellini Baolo reo confesso che in realtà voleva uccidere Sarcone Grande Giuseppe.
L’1/5/99 viene gravemente ferito in un agguato mafioso sempre a Reggio Emilia il nostro Valerio Antonio classe 67 detto “pulitino”.
Il 31/8/99 mentre stava facendo rientro presso la Casa Mandamentale di Santa Severina, Crotone, vengono assassinati Dragone Raffaele classe 68, figlio di Dragone Antonio classe 43, il boss, e De Mare Tommaso classe 65. Il 21/4/2000 scompare per lupara bianca, Macrì Antonio classe 68 detto “topino”. Il 16/8/2000 viene ucciso a Cutro Sorrentino Rosario classe 66 detto “Sainedda”.
Il 9/8/2000 avviene il tentato omicidio di Arabia Giuseppe classe 65 detto “Petti palumba” petto di colombo e “U sciancato” lo sciancato. Il 20/8/2003 viene assassinato a Cutro Arabia Salvatore classe 65, quello che aveva ricevuto il tentato omicidio il precedente agosto del 2000.
Poi ancora il 5/3/2004 possiamo ricordare a Steccata di Cutro l’assassinio di Iazzolino Sergio, il 22/3/2004 l’assassinio di Blasco Salvatore classe 60, fratello di Blasco Gaetano il condannato in primo grado nell’operazione Aemilia, il 10/5/2004 l’uccisione di Dragone Antonio classe 43, quindi il boss, il 23/9/2004 viene assassinato a Cutro Ciampà Gaetano classe 57, viene anche gravemente ferito Benvenuto Giuseppe. Ciampà Gaetano classe 57 è genero di Dragone Antonio classe 43.
Questi gli omicidi che mi piaceva mettere in fila cronologicamente all’interno dei quali si inseriscono in particolare nel 1992 i nostri due omicidi.
Quando a fine giugno del 2017 Valerio Antonio, che all’epoca era imputato nel processo Aemilia, era sottoposto a custodia cautelare dal gennaio 2015 per i reati di 416 bis e per altri reati aggravati dall’articolo 7 di mafia, era un esponente apicale del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, quando ha inizito a collaborare con la giustizia è stata davvero immensa la mole di dati che ha fornito intanto alla DDA di Bologna ma poi anche ad altre DDA, Direzione Distrettuale di Catanzaro, di Brescia in primis. Una mole di dati che attraversava 35 anni di storia di ‘ndrangheta calabrese, ma anche emiliana, anche nostra. E in questi dati che Valerio ha fornito immediatamente riferisce, ha riferito a noi degli omicidi del 1992 in particolare di quelli ai danni di Vasapollo Nicola e Ruggiero Giuseppe. E si è accusato di avere partecipato come esecutore all’azione che ha portato alla morte di Ruggiero Giuseppe.
Ho gestito io all’epoca insieme al dott. Mescolini che poi è divenuto procuratore di Reggio Emilia, la collaborazione di Valerio dal primo istante e posso solo cercare davvero di rappresentarvi quella che è stata la massa infinita di lavoro che ha comportato riscontrare tutte le sue dichiarazioni che andavano dal 1970 al 2017. Facevamo intere giornate in carcere dalla mattina alla sera ove lui viveva in totale isolamento, non vedeva nessuno, vedeva solo noi e il suo avvocato, non aveva nulla con sé tantomeno computer tantomeno collegamento internet o il famoso Facebook!
E al termine di ogni interrogatorio partiva dalla polizia giudiziaria la ricerca puntuale volta a verificare la credibilità, l’attendibilità del collaboratore come impone la legge. Nella mia non più breve esperienza in questo settore che è fatta anche di 10 anni alla procura distrettuale di Reggio Calabria, raramente ho visto un collaboratore di giustizia così preciso. Quando anche sembrava si fosse sbagliato, sul momento, e così mi anticipava la polizia giudiziaria, ma parliamo di finezze, poi finiva sempre che la polizia giudiziaria si era sbagliata e aveva avuto ragione Valerio, perché si trovava appunto il riscontro. E quindi ancora un a volta Valerio aveva avuto ragione.
Pensate voi di volere a un certo punto ricostruire tutti i passaggi della vostra vita, gli incroci, gli spostamenti, gli incontri, spiegare le ragioni delle vostre scelte, riferire con esattezza le date, l’esatta sequenza degli episodi soprattutto se è stata la vostra vita è stata una vita diciamo così, la possiamo definire così ad esempio quella di Valerio una vita così … “movimentata”.
Vi accorgerete che con grande facilità farete errori, prenderete anche qualche clamorosa cantonata, perché rispetto ai fatti della vostra vita e lo farete naturalmente senza avere alcuna intenzione di dire il falso, e lo farete anche se ci metterete tutto l’impegno a ricordare.
Ecco in questo contesto così ampio vi posso dire che Valerio non sbagliava praticamente mai. E quelle poche volte che nel parlare di un milione di cose, riferiva un dato non esatto, poi nello sviluppare il racconto, nel parlare, nello sviluppare il ragionamento, si accorgeva lui stesso di aver detto qualcosa di inesatto, un dato inesatto e lo correggeva o gli tornava in mente un nome, oppure ammetteva, anche lui è umano, di non ricordare più quel nome o quella circostanza soprattutto se era venuta o se era venuta dopo nella marea degli eventi che erano accaduti.
In questo frangente quindi così di enorme davvero lavoro di verifiche di ricerca che si sommavano in un momento particolare, perché c’erano le udienze Aemilia che erano in piena celebrazione, potete comprendere la mia preoccupazione quando ho realizzato che in relazione agli omicidi del ‘92 era praticamente ancora tutto da fare, nel senso che, sì c’era stato un vecchio processo a metà degli anni ‘90 nei confronti dei mandanti/organizzatori Dragone Raffaele classe 63 nipote, Lucente Domenico parenti e nipote di Dragone Antonio classe 43, il boss, entrambi condannati all’ergastolo. Ma non c’era stato niente di più e non c’era stato nonostante la dettagliata collaborazione sul punto di un altro collaboratore che era Cortese Angelo Salvatore che nel 2008 quindi nove anni prima di Valerio, aveva reso abbondanti dichiarazioni sui nostri due omicidi ammettendo tra l’altro di essere stato assolto nel processo che aveva subito negli anni ’90 pur essendo responsabile come organizzatore di entrambi e comunque come esecutore dell’omicidio di Ruggiero Giuseppe. Quindi, preoccupazione in quel momento perché il collaboratore nuovo parla di questi omicidi, capisco che c’è un sacco da fare e soprattutto non c’era tanto tempo perché tutto il tempo era assorbito dal processo Aemilia che era estremamente impegnativo e poi c’erano tutti gli interrogatori d’attualità da fare a Valerio Antonio. Quindi che meritava il suo verbale, di essere interrogato, ascoltato e bisognava fare tutta una ricerca di riscontri alle dichiarazioni di Valerio per valutarne l’attendibilità su tutto quello che diceva.
Da qui una scelta drastica, in quel momento restava il mese di agosto del 2017 o almeno quella parte del mese di agosto che era libera dalle udienze del processo Aemilia, mi ricordo che quell’anno si è andati avanti praticamente fino a ferragosto. Quindi sostanzialmente una ventina di giorni di agosto che erano quelli delle ferie. Era doveroso fare questa attività di ricostruzione degli omicidi del ‘92.
E quindi fatta questa scelta di dedicare questi giorni dell’agosto del 2017 alla ricostruzione di questi omicidi mi sono munita di una valida ed operosa polizia giudiziaria che mi aiutasse che facesse le indagini con me, e in quel frangente ho scelto vittime designate, vittime perché anche loro hanno fatto un agosto di lavoro furente, il dottor Battisti e gli uomini della squadra mobile di Reggio Emilia, che mi hanno dato la loro totale disponibilità a fare questo tipo di attività. E’ in quel momento è iniziato un faticoso lavoro di recupero di vecchie carte tratte dall’archivio dalla DDA di Bologna, dall’archivio della procura di Reggio Emilia, dal tribunale di Reggio Emilia, ma anche di altre procure come quelle di Crotone e di Catanzaro, ma anche dalla Corte di Assise di Cremona, migliaia di carte anche recuperate dai vecchi scaffali delle caserme dei carabinieri, dei commissariati di polizia, delle squadre mobili e pian piano la nostra casa, quella della polizia giudiziaria si è riempita di queste carte cosparse di vecchie sentenze, di vecchie intercettazioni, tanta polvere, insomma. In quei giorni sostanzialmente frenetici perché il tempo era quello e dovevamo arrivare ad un punto, la nostra vita è quindi, come dire, tornata al ’92. E il ’92 è diventata la nostra realtà. Non si disponeva allora della tecnologia di cui oggi possiamo usufruire nelle indagini, non si disponeva allora nel ’92 di tutta quella conoscenza del fenomeno della ‘ndrangheta che abbiamo oggi anche con riferimento al territorio emiliano, al nostro territorio. Faccio ad esempio un dato: oggi con un tabulato telefonico data la densità delle celle che abbiamo sul territorio riusciamo sostanzialmente a posizionare un soggetto che sta telefonando, quindi aggancia una cella, se prendiamo il tabulato, non dico al numero civico di una via, ma certamente in un piccolo spazio all’interno di un incrocio di vie, quindi uno spazio molto molto molto ben determinato e specificato. Nel ’92 ve lo ha spiegato il dottor Battisti il tabulato telefonico consentiva di acquisire solo le chiamate in uscita nell’utenza che si andava monitorando e consentiva di collocare l’utenza non in uno spazietto di vie di un piccolo quartiere di una città o di un paese ma dentro una regione. Quindi ci consentiva di stabilire che un soggetto chiamava da una regione piuttosto che da un’altra senza poter stabilire se era in Emilia-Romagna, se questo soggetto fosse a Rimini piuttosto che a Reggio Emilia. Il ’92, questo il ’92.
Penso che ciascuno partecipando in qualche modo a questo processo abbia richiamato alla mente cosa stava facendo in quegli anni, nel ’92, in autunno in particolare quando ci sono stati gli omici, prima di Vasapollo e poi di Ruggiero Giuseppe.
L’Italia piangeva gli eroi Falcone e Borsellino, proprio in quell’anno, io studiavo giurisprudenza all’università di Bologna ed ero del tutto all’oscuro che neanche a cento chilometri da dove vivevo si stava celebrando una guerra di ‘ndrangheta che nulla aveva da invidiare per il calibro dei protagonisti alle guerre di mafia del sud di cui sentivamo parlare al telegiornale.
Quei giorni di agosto quindi sono stati intensi sotto tanti punti di vista, faticosi, ma sono stati anche molto arricchenti ed entusiasmanti. Ogni sera sostanzialmente facevamo il punto con il dottore Battisti e la sua squadra dove eravamo arrivati nella lettura in quello stesso giorno ed era incredibile come le cose saltassero fuori, le prove saltassero fuori e questo perché Valerio era stato anche in quell’occasione veramente formidabile. Del resto voglio dire, della precisione, della puntualità,della memoria, della credibilità Valerio posso dire che abbia avuto la piena prova anche qui in udienza.
In questo agosto 2017 raccolte le dichiarazioni di Valerio e acquisite tutte queste carte che vi ho detto che sono poi degli elementi di prova a riscontro, una cosa, un elemento probatorio, l’ho detto in maniera impropria, è sbalzata in maniera imponentemente ai nostri occhi: il dichiarato di Cortese Angelo Salvatore.
L’importanza di quello che Cortese, quando nel febbraio del 2008 aveva manifestato la volontà di collaborare con la giustizia, aveva subito detto agli inquirenti veramente dettagli preziosi, precisi, puntuali che solo chi conosceva i fatti per averli vissuti poteva in diretta riferire. Dettagli e dichiarazioni particolari che sono stati lasciati lì per anni sulle carte degli interrogatori, mentre avrebbero potuto essere sviluppati a stimolare il collaboratore a riferire altro ancora e di ancora più preciso. Dettagli e circostanze così esatte e particolari e che nulla avevano a che vedere con quanto Cortese avrebbe potuto apprendere dalle carte del processo degli anni 90, quelle della Corte d’Assise sui nostri due omicidi, cui aveva peraltro partecipato come imputato venendo assolto in secondo grado.
E diciamo, abbandonando per un momento l’ordine della mia requisitoria io vi voglio subito fare degli esempi su Cortese, in questo senso. Perché ci sono dei passaggi che Cortese fa immediatamente quando si pente nel 2008 che dimostrano in modo incontestabile che quanto lui racconta è vero. Poi, il racconto nel complesso, può anche contenere qualche errore, come ho detto prima, il perché di questi errori, ma appunto un errore nella memoria, un errore nel ricordo, ma certamente nulla di inventato e tanto più di inventato per accusare falsamente terzi di omicidi che non avevano commesso.
Uno dei primi interrogatori a marzo 2008 Cortese ha affermato e lo ha ribadito qui in udienza parlando dell’omicidio di Ruggiero Giuseppe "partimmo io, Grande Aracri Nicolino, Greco Angelo e Raffaele Dragone dalla vecchia abitazione di Nicolino con una lancia Thema nera targata Reggio Emilia in uso a Dragone". Quindi Cortese dice subito che il commando dei killer è partito dalla Calabria un po’ di giorni prima dell’omicidio che poi si terrà il 22/10/82 per dirigersi in Emilia. Questa circostanza non stava scritta da nessuna parte non era mai emersa tantomeno nel processo in assise del 1992. Zero!
Ebbene, uno studio attento e mirato dei tabulati telefonici che avevamo a disposizione e che erano a disposizione sino dal ’92, quindi certamente nel 2008, che sono l’utenza cellulare di Dragone Raffaele classe 63 quella che finisce con uno 176, di Cortese Angelo Salvatore cellulare che finisce con 643 e di Lucente Domenico, cellulare che finisce con 185 ha rivelato che nella notte del 13/10/92 sino alla mattinata del 14/10/92 queste utenze viaggiano dalla Calabria all’Emilia. Entriamo nel dettaglio perché questo c’è la spiegato il dottore Battisti nell’udienza del luglio del 2019, abbiamo prodotto tutte le carte.
Dragone Raffaele utenza 176 il 13 di ottobre del ’92 almeno sino alle 18.47 era in Calabria, agganciava il distretto di Catanzaro 0961, abbiamo detto che appunto i tabulati non consentivano una precisione maggiore a quell’epoca. Poi si sposta dalla Calabria questo cellulare e lo troviamo in Emilia nella giornata successiva il 14/10/92 alle 9.24 aggancia la cella del distretto di Pescara 085, alle 9.55 aggancia la cella del distretto di Ancona 071, alle successiva 10.59 aggancia la cella del distretto Emilia-Romagna 051. Una volta giunto lì ha contatti con Lucente Domenico che si trova in Emilia, questo ce lo dicono i suoi tabulati. Lo contatta alle 11.15, alle 11.35 e alle 12.18. Poi il cellulare di Dragone Raffaele, nipote, si sposta nel distretto di Milano – 02 – alle ore 16.27 e alle ore 16.58. Alle successiva 18.04 aggancia nuovamente la cella dell’Emilia-Romagna e ci rimane, agganciando questa cella, sino alla giornata del 22/10/92 cioè dopo l’omicidio di Ruggiero Giuseppe.
Parimenti dalla lettura dei tabulati dell’utenza di Cortese, 643 finale emerge, che nella giornata del 13 ottobre ’92 viene agganciata la cellula telefonica della Calabria almeno fino alle 21.16. Poi il 14/10, il giorno dopo, così come abbiamo visto per il telefono di Dragone Raffaele nelle telefonate delle 12.03 aggancia il distretto emiliano – 051, quindi si è spostato. Poi si sposta come il telefono di Dragone verso il distretto milanese alle 12.57 per fare ritorno in Emilia alle 19.23 del 14/10/92. Ecco quindi, questo esempio per dire che i tabulati telefonaci mai valorizzati prima, se non per attestare rapporti nel processo degli anni ‘90 fra Dragone Raffaele e Lucente Domenico, che sono così condannati e anche fra questi e i ladri di vetture Renato Cavazzuti e Canadè Celestino, poi dopo ci torneremo, in realtà studiati bene forniscono un formidabile riscontro a quello che Cortese riferisce in ordine allo spostamento del commando dei killer che si sposta in Emilia per commettere l’omicidio di Ruggiero Giuseppe.
Ma ancora: l’esame dei tabulati di Cortese, 643 finale, consente di individuare il 13/10/92 alle 21.16, e siamo ancora in territorio calabrese, un contatto fra Cortese e l’utenza cellulare 0337 201604 intestata a Merro Antonella convivente in provincia di Torino e moglie poi di Greco Domenico classe 56, San Mauro Marchesato. Questi è cugino di Greco Angelo ed è ndranghetista pure lui, punto di riferimento di Greco Angelo al nord.
Un attimo prima di fare questo numero chi ha effettuato la chiamata ha composto alle 21.15, un minuto prima, il medesimo numero 201 604 anteponendo, anziché il prefisso corretto del cellulare 0337 il prefisso 011 che è il distretto torinese dove viveva Greco Domenico. E’ un contatto unico che non è mai avvenuto prima e non è più avvenuto dopo fra l’utenza di Cortese e questa utenza che ho spiegato riconducibile a Greco Domenico. Ciò emerge nei tabulati di Cortese, non lo troverete più questo contatto.
Cortese su questo passaggio all’udienza del 24/5/19 ha detto che non ricordava questa specifica chiamata e che non aveva contatti diretti con Greco Domenico e che certamente il telefono lo dava a tutti quanti, il suo, per chiamare “perché non pagavo niente, capito, gliel’ho dato tranquillamente per telefonare a Greco Angelo, per chiamare, l’ho dato anche a Grande Aracri Nicolino, a Raffaele Dragone, tranquillamente l’ho davo”.
Insomma, Cortese si pente nel 2008, racconta di un viaggio in quattro tra cui Greco Angelo dalla Calabria all’Emilia per uccidere Ruggiero Giuseppe e i tabulati consentono di individuare, non solo la notte del viaggio, ma anche una chiamata mai più ripetutasi prima e dopo effettuata in prossimità della partenza da Cutro per l’Emilia dal cellulare di Cortese all’utenza fissa, all’utenza cellulare nel torinese di Greco Domenico, cugino di Greco Angelo. Sono dati investigativi che Cortese non può conoscere e che vengono fuori solo nel 2017, in quel famoso agosto delle carte e della polvere, quando sono state finalmente cercati i riscontri alle dichiarazioni che Cortese aveva reso nove anni prima.
Ma non è tutto qui quello che dicono i tabulati a riscontro di Cortese.
Cortese riferisce che quando arriva in Emilia, arrivano in Emilia, il commando dei quattro sono stati accolti da Lucente Domenico in un appartamento a Modena che veniva usato da tutti loro, compreso Lerose Antonio, come deposito della droga, che loro trafficavano, e per portarci delle donne - udienza del 24 maggio 2019.
Ebbene dall’esame dei tabulati sull’utenza in uso a Lucente Domenico, finale 185, risulta che il 13/10/92 Lucente Domenico è in Emilia, quindi non viaggia anche lui, non era in Calabria, non fa il viaggio con il commando. E il 14/10/92 viene contattato quando il cellulare del Dragone Raffaele e di Cortese comincia ad agganciare le celle progressivamente verso il nord fino a quella emiliana, viene contattato da Dragone Raffaele alle 11.15 alle 11.35 e alle 12.18. Quindi quando arrivano chiamano Lucente Domenico proprio come dice Cortese.
Ma non solo: Dragone Raffaele mentre sono ancora in viaggio con l’utenza sempre 176 finale, chiama l’abitazione di Lerose Antonio 059 643 532. Lo chiama alle 9.55 del 14/10/92, in quel momento la sua utenza aggancia la cella del distretto di Ancona. Poi, come abbiamo visto, Dragone chiama Lucente alle 11.15, alle 11.35 e 12.18 e Lucente, quello stesso giorno alle 10.43, chiama Lerose Antonio.
Quindi il viaggio dei killer verso il nord è stato individuato con esattezza fra nella data fra il 13 e il 14 di ottobre del ‘92 e vi prego di comprendere che nulla si sapeva di quel viaggio e nulla si sapeva di quella data. E vi prego ancora di comprendere la straordinaria portata delle dichiarazioni di Cortese quando dice, e lo ha detto subito, sin dall’interrogatorio del 27/3/2008, lo ha detto poi anche in udienza, che al momento della partenza da Cutro del commando di cui li non sa dare la data ma la troviamo noi, lo abbiamo visto con i tabulati, grazie alle sue dichiarazioni sono stati fermati a Cutro per un controllo dei Carabinieri sulla via Nazionale. Lui dice vicino alla vecchia caserma dei Carabinieri, hanno temuto di essere perquisiti ma per fortuna c’era un carabiniere messinese che era un carabinieri che forniva a loro, alla cosca, informazioni e che sostanzialmente li ha graziati e li ha lasciati andare senza, dice Cortese, probabilmente neppure formalizzare il controllo nelle banche dati.
24/5/19 - Cortese: “successe un fatto strano: che, come partiamo a Cutro, nella vecchia stazione dei carabinieri che adesso non c’è più, che l’hanno spostata, una pattuglia dei carabinieri ci ferma. Fortuna vuole che un componente della pattuglia dei carabinieri era un carabiniere che lo chiamavamo “u messinese” di Messina, siciliano, che non vi dico che era colluso, ma era una persona che faceva favori alle cosche.”
Poi racconta, avevo paura che ci facesse una perquisizione, aveva una pistola a bordo, lui dice ancora Cortese “Mimmo mi sembra che si chiamava, era alto, faceva servizio a Cutro… o Lillo, non ricordo il nome, non sapevo il nome”.
Poi riferisce altre circostanze Cortese, le ricordiamo, la pistola aeva deciso lui che se fosse stato perquisito se la sarebbe accollata lui questa pistola.
Ora su questo controllo si è dibattuto molto in questo dibattimento, credo che la difesa abbia provato a farlo passare per un mancato riscontro al dichiarato di Cortese che peraltro appunto sarebbe solo un mancato riscontro non un falso di Cortese, per giunta su un dettaglio che, nel complesso di cui ci stiamo occupando lo possiamo definire marginale. Comunque io vi prego di considerare che Cortese ci parla del viaggio da Cutro in Emilia e di questo controllo e non ci da la data, la data la troviamo noi che è la notte fra il 13 e il 14 ottobre del ‘92. E proprio la sera del 13 troviamo una pattuglia del nucleo radiomobile della compagnia dei carabinieri di Crotone che fa servizio a Cutro. Ci hanno spiegato che non solo i carabinieri di Cutro fanno servizio a Cutro, ma anche quelli della provincia a volte erano destinati a Cutro perché Cutro è una zona calda.
E troviamo che questa pattuglia fa proprio servizio in via Nazionale, come dice Cortese.
E troviamo che questo servizio è iniziato alle 19 del 13/10/92 per finire alle ora una del mattino del 14/10/92.
E troviamo che quella pattuglia in servizio proprio quella sera in una data che non ci indica Cortese, ma che troviamo noi grazie a Cortese, era composta da due siciliani, anzi da due messinesi: il brigadiere Vincenzo Cotogno e il carabiniere Vincenzo Pasqua. Il primo, con un baffo, inteso il grado militare sulla divisa, il secondo senza, come diceva Cortese. Entrambi con le mitragliette M12 proprio come diceva Cortese.
E troviamo ancora che fra le 21.30 e le 22.00 è stato fatto un controllo sulla via Nazionale a Cutro da questa pattuglia e che si tratta di un orario del tutto compatibile con quello della partenza del commando dei killer da cutro con destinazione Emilia, secondo quanto emerge dai tabulati. Infatti i tabulati documentano che l’utenza di Cortese agganciata ancora alla cella del distretto calabrese alle ore 21.16.
Non abbiamo trovato altro per colpa del tempo trascorso e per colpa del fatto che l’allegato A dell’ordine di servizio n. 58, relativo all’attività di quella pattuglia e a quel controllo non si trova più agli atti della stazione dei carabinieri di Cutro, non si trova più da nessuna parte, in quell’allegato A avremmo forse trovato i nomi di coloro che sono stati controllati quella sera da quella pattuglia, ammesso che vi fosse stata la verbalizzazione cosiddetta perché Cortese ha appunto detto che è possibile che la pattuglia non abbia formalizzato alcun controllo, poiché sostanzialmente li hanno lasciati andare senza procedere oltre, proprio in virtù della conoscenza che questo carabiniere di Messina aveva con il gruppo.
Tenuto conto di tutto ciò mi sembra che Cortese, pure in questa circostanza di dettaglio, possa dirsi se non pienamente riscontrato e non certamente per colpa sua, quantomeno non smentito, assolutamente non smentito, anche se per la precisione ha parlato di un baffo nella divisa del militare con cui hanno avuto a che fare quella sera, mentre il carabiniere Pasqua era un carabiniere semplice e il baffo ce l’aveva quell’altro.
Se poi ci aggiungiamo che il carabiniere Pasqua è stato indagato, seppure prosciolto, per una presunta rivelazione di segreti di ufficio in relazione all’esecuzione di una ordinanza cautelare nei confronti di ‘ndranghetisti dall’autorità giudiziaria di Crotone, commessa in epoca anteriore e prossima al 13/12/92 quindi siamo lì con il tempo, che è stato poi trasferito da Crotone a fine gennaio del ’93 e raggiunto a Crotone nel 1989 proveniente proprio dalla stazione dei carabinieri di Cutro, quindi era stato a Cutro negli anni precedenti ed era uno conosciuto.
Se poi aggiungiamo che abbiamo sentito a questo processo all’udienza del 10/1/20 il carabiniere Pasqua, accompagnato coattivamente dalla squadra mobile di Reggio Calabria che ha ammesso la sua passione per le piccole imbarcazioni, come diceva Cortese, che francamente ha tenuto un atteggiamento imbarazzante fra il reticente e i “non ricordo” che poi ha dovuto ammettere, a seguito di contestazione, di aver fatto all’epoca decine e decine di controlli a Grande Aracri Nicolino quando era ai domiciliari nel 1987, di aver fatto ai domiciliari a Ruggiero Francesco, quello morto ammazzato nel 1989, a Ciampà Gaetano classe 57, la persona di loro, di cui, secondo Cortese, il carabiniere avevano maggiore conoscenza, quello con cui aveva maggiori rapporti. Controlli a Dragone Raffaele, a Ruggiero Rosario “tre dita”, a Sarcone Grande Giuseppe. Se ci aggiungiamo ancora che ha dovuto ammettere di avere avuto nel ‘92 fonti confidenziali a Cutro quali un tale Lerose e tale Arabia per una importante attività di traffico di droga su cui ha dovuto ammettere di aver svolto indagini prima di essere trasferito prima di quel problema di rivelazione di segreto per cui è stato poi prosciolto. Se poi ci aggiungiamo il passaggio finale della sua deposizione, perché la difesa giustamente alla fine, tagliamo la testa al toro, chiede
l’avvocato Giunchedi “le chiedo una risposta secca lei sa chi erano Cortese, Grande Aracri, ecc.?”
Teste Pasqua “sì”
Avv. Giunchedi: “ricorda di averli fermati mai quando facevate attività di posti di blocco?”
Pasqua: “No, non mi ricordo”
Avv. Giunchedi: “Ricorda di aver mai lasciato, pur riconoscendo dei soggetti come malavitosi, come delinquenti, come appartenenti a cosche mafiose, di aver seppure fermati poi lasciati andare poi tranquillamente senza identificarli?
Pasqua: “Credo di no, non mi ricordo ma non… no”
Difesa: “crede o no?”
Pasqua: “Non mi ricordo, non mi ricordo”
Che credo il limite massimo a cui si è potuto spingere Pasqua Vincenzo senza, come dire, traboccare e travaricare in una sorta di confessione di un reato forse prescritto.
Quindi, se consideriamo tutto questo io penso che Cortese che ha riferito spontaneamente questo controllo non appena ha iniziato a collaborare nel 2008 e che quindi non aveva alcun motivo di raccontare una cosa che non aveva alcuna importanza in quel frangente, io credo che Cortese possa essere ritenuto assolutamente attendibile anche su questa circostanza.
Ho voluto, diciamo fare una digressione ancora su Sortese, su questi passaggi perché secondo me è importante una digressione su quello che ha dichiarato Cortese nel ricostruire l’omicidio di Ruggiero Giuseppe. Quindi il racconto che fa della partenza dei killer da Cutro, del controllo subito dai carabinieri, il viaggio in Emilia che fa, non appena diviene collaboratore della giustizia.
Perchè questo è emblematico di quanto molto spesso non dipenda dal collaboratore, diciamo, un giudizio sulla sua credibilità, ma da quanto fanno gli inquirenti per riscontrarlo, quanto si sforzano per cercare le vecchie carte, per identificare i nominativi per incrociare i dati. Cortese di questi episodi ha parlato subito, immediatamente. I tabulati erano agli atti dal 1992 eppure nessuno mai prima del 2017 li aveva letti e studiati in questa ottica, di rintracciare il viaggio dei killer verso l’Emilia e mai nessuno fino al 2019/20 aveva cercato di vedere se, nella data individuata del viaggio, c’era stata una pattuglia di carabinieri, magari siciliani, magari messinesi, che avevano svolto servizio sulla via Nazionale a Cutro, magari quella sera nell’orario compatibile con quello dei killer stessi. Dico tutto questo, ripeto perché trovo giusto bilanciare in maniera corretta quella che potrebbe essere una impressione all’apparenza errata. Perché al di là di Grande Aracri Nicolino che reiteratamente da loro dei bugiardi e dei mitomani ma questo credo che sia evidente a tutti che sia ormai sordido residuo delle polveri bagnate che restano al boss di Cutro per cerare di arrabattare una difesa, ma si potrebbe pensare che Valerio sia molto preciso e che Cortese lo sia di gran lunga meno.
Ora senza dubbio Valerio ha una non comune precisione nel riferire i fatti e difficilmente sbaglia nel recuperare dati dalla memoria anche quando i dati sono risalenti nel tempo. Ma è anche vero che le dichiarazioni di Valerio sono state fatte oggetto, immediatamente, di una attività molto approfondita di riscontro da parte della polizia giudiziaria, da parte soprattutto de R.O.N.I. (reparto operativo nucleo investigativo) dei Carabinieri di Modena, mi riferisco per intenderci alla squadra del maresciallo D’Agostino che è venuto qui a deporre all’udienza del 25/10/2019, 29/11/2019 e 10/1/2020.
Una attività appunto mirata e puntualissima, approfondita di riscontro alle dichiarazioni di Valerio fatte dal RONI appunto che il mio ufficio non finirà mai, mai di ringraziare per la non comune dedizione alla ricerca della Verità.
E quindi non dobbiamo dimenticare che, vi ho fatto proprio questo esempio apposta, che Cortese ha riferito una marea di circostanze che non subito sono state fatte oggetto di dettagliata ricerca, di riscontro. E quindi è servito più tempo per fare apprezzare l’imprescindibile apporto che Cortese dal 2008 ha fornito alla giustizia.
Ancora continuo questa digressione, facciamo un altro esempio. Subito Cortese nel verbale dell’interrogatorio del 27/3/2008, poi lo ha ripetuto qui in udienza, ha detto che le divise da carabiniere utilizzate per l’omicidio di Ruggiero Giuseppe le aveva portate Sarcone Nicolino, arrivato all’appartamento di Modena che veniva usato come base logistica, dopo un viaggio in treno dalla Calabria che aveva fatto insieme alla sua ragazza dell’epoca, che era originaria di Botricello dice Cortese, che forse si chiamava Anna, che poi però, Cortese dice, si è trasferita a Verona ed è stata controllata su quel territorio come prostituta e che aveva una sorella all’epoca fidanzata con Sorrentino Rosario detto “Sainedda”.
Tutte queste cose, diciamo, Cortese le dice subito.
Nessuno aveva mai sentito parlare di questa ragazza e di queste circostanze, non vi è traccia di questo, di questo episodio, di queste circostanze, di questa figura nei processi dell’Assise degli anni 90, né negli altri processi calabresi. Zero assoluto!
Questa donna è stata identificata solo nel famoso ’agosto del 2017 e non c’è voluta la CIA per farlo, è bastato pazientemente sfogliare i vecchi atti, i controlli subiti da Sarcone Nicolino negli anni ’90 per trovare gli OCP. Gli OCP sono i controlli che fanno sul territorio, che fanno i Carabinieri in particolare della stazione di Cutro del 7/6/92, l’estate che precede i nostri omicidi. Questo OCP attestava che quel giorno 7/6/92 in località Marinella, dentro la macchina di Sarcone erano stati controllati: Sarcone Nicolino, Lamanna Francesco e Compito Lucia, nata a Botricello nel ’75, che non si chiamava Anna, ma si legge in quell’OCP, Sarcone Nicolino ha riferito che la ragazza che si trovava seduta sul sedile posteriore era la sua nuova compagna essendo che il medesimo è separato dalla moglie.
Avute le generalità di questa donna, grazie a questo OCP, il dottore Battisti ci ha messo poi un attimo a verificare che effettivamente nel tempo si era trasferita a Verona, effettivamente era stata controllata in quel territorio mentre si stava prostituendo. E poi è stata assunta a sommaria informazione quella signora, la signora Compito ed ha sostanzialmente confermato il discorso di Cortese. A parte il riferimento all’uso dell’auto di Sarcone Nicolino all’epoca, perché lei ha detto che Sarcone aveva l’auto blindata che e noi l’auto blindata non l’abbiamo trovata, ma voglio dire, non voglio offendere la vostra intelligenza nello spiegare che si tratta di una circostanza, tenuto conto di tutto il resto del tutto insignificante.
E’ quella Compito Lucia che poi ha testimoniato, in preda al terrore, nell’udienza del 27/9/2019.
La donna, in evidente stato di difficoltà personale ma non visionaria e non pazza certamente, calabrese, di Botricello quindi ben informata sulla pericolosità della ‘ndrangheta e della cosca Grande Aracri anche nelle sue ramificazioni al nord, certamente spaventata e intimidita, abbiamo prodotto anche la relazione a proposito, all’idea di doversela vedere faccia a faccia, sostanzialmente, con Grande Aracri Nicolino che proprio in quell’udienza non ha mancato pubblicamente parlandole in videoconferenza, di ricordarle che l’aveva denunciata all’Autorità Giudiziaria di Verona. Fascicolo poi ovviamente archiviato dal GIP locale e abbiamo prodotto all’udienza del 31/01/2020 la stampa del SCP, il data-base dell’ufficio giudiziario di Verona a cui risulta l’archiviazione.
Questo è il secondo esempio che vi faccio sul portato innovativo e rilevante del dichiarato di Cortese, che non è stato immediatamente compreso e riscontrato. Ma ciò non toglie che Cortese aveva reso tempestivamente quelle dichiarazioni portando immediatamente a conoscenza le Autorità Giudiziarie del 2008 di queste importantissime circostanze. Poi Cortese ha riconosciuto in fotografia, completamente lo dico, in udienza del 31/05/2019 quella donna e quindi anche se non si chiama Anna, è senza dubbio lei.
Faccio un ultimo esempio appunto in merito a Cortese, poi diciamo, chiudo questa preliminare digressione su Cortese e proseguirò sulla mia requisitoria.
Cortese all’udienza del 24/05/2019, stimolato dal contraddittorio, ha ricordato un passaggio significativo.
L’aveva fatto anche nel corso dell’interrogatorio del 2008. Il passaggio significativo è che “prima - dice lui - dell’omicidio di Ruggiero Giuseppe, Raffaele Dragone venne insieme con Nicolino Sarcone. Ci incontrammo. Ci chiese a tutti di incontrarci a Bari. Andammo io e Grande Aracri Nicolino, a Bari, in Puglia. Il motivo di questo incontro – dice Cortese – era questa preoccupazione da parte di Raffaele Dragone di ‘sto Bellini, Bellini Paolo, che è una scheggia impazzita, che si era permesso di andare di giorno gridando in tutte le maniere. Mimmo Lucente era terrorizzato perché temeva che Bellini lo poteva ammazzare. Partimmo io e Grande Aracri Nicolino, io avevo la mia mercedes 250 turbodiesel targata Varese, e poi Raffaele Dragone ci chiese gentilmente di arrivare fino in Emilia da Bari per tranquillizzare a Lucente a Domenico Lucente. Partimmo io, Grande Aracri Nicolino, Raffaele Dragone e Nicola Sarcone. Andammo a casa di Lucente Domenico e poi – salto dei pezzi – discesi in Calabria, Grande Aracri Nicolino, io, Nicolino Sarcone con la mia stessa macchina.”
Spiega ancora Cortese: “si era recato – Bellini – a casa proprio della moglie di Dragone Raffaele dicendo quel “bastardo di tuo marito, quel cornuto, lo ammazzo”.”
Non abbiamo acquisito le SIT di Gaspari Adua, ma risulta già dalle sentenze effettivamente già passate in giudicato questa azione intimidatoria posta in essere da Bellini Paolo nei confronti di Raffaele Dragone o meglio di sua moglie. Si era recato presso l’abitazione della famiglia Dragone, la moglie è Oliverio.
Ora, diciamo che, viene riportato anche nelle sentenze, praticamente, il giorno in cui avviene questa azione intimidatoria di Bellini Paolo è stato individuato in un mercoledì, un mercoledì perchè a Cavriago c’era il mercato. E il mercato si teneva di mercoledì. E i testimoni che riferiscono questa cosa, dicono che di lì a qualche giorno, praticamente i Dragone fanno le tende se ne vanno. Perché hanno ricevuto questa minaccia. Dragone Raffaele classe 63 (ndr il nipote di Antonio Dragone) con la moglie abitava proprio a Cavriago. E allora, il dott. Battisti ha fatto una ricostruzione all’udienza del 19/7/2019 perché questo passaggio dichiarato da Cortese è molto importante. E lo ha raccontato spontaneamente, nessuno gliel’ho ha mai chiesto, perché nessuno poteva sapere. Non è mai un dato emerso in altro processo, non è mai riportato in nessuna sentenza, non ci sta proprio nel processo degli anni ’90 in Corte d’Assise. Anche in questo caso dobbiamo dare un riconoscimento seppure postumo di attendibilità a Cortese, di credibilità. Perché dai tabulati risulta che per la prima volta l’8/10/92 che è un giovedì, abbiamo controllato, quindi l’indomani del mercoledì di mercato il 7 ottobre, l’utenza di Dragone Raffaele chiama per la prima volta quella di Grande Aracri Nicolino. I tabulati partono dai mesi precedenti, prima non c’era il contatto diretto, questo è un contatto che avviene. In particolare la chiamata è alle 14.38. Dragone, quello stesso giorno, chiama alle 19.18 e 19.36 Lerose Antonio abitazione 059 643 532: “c’è allarme, Bellini – il giorno prima – è andato faccia a faccia con la moglie di Dragone Rafaele dicendo “io lo ammazzo, io vi ammazzo tutti”. La guerra è in corso! E’ già morto Vasapollo Nicola”.
Poi, lo ricostruirò bene, però vi volevo fare notare l’importanza delle dichiarazioni di Cortese.
Il giorno dopo sia le utenze di Cortese, di cui abbiamo i tabulati, sia le utenze di Dragone Raffaele si spostano verso Bari. C’è un momento in cui entrambe agganciano lo 080 del distretto della Puglia. Cortese alle ore 8,15 della mattina del 9/10/1992 che è un venerdì è in Calabria, alle 15.29 si trova nel distretto pugliese, poi sale e alle 16.09 aggancia Pescara, alle 18.35 si trova nel distretto marchigiano e alle 19.22 si trova in Emilia.
Nelle trascrizioni è venuto fuori alle 10.22, non può essere ovviamente, o è stato detto male dal dott. Battisti o è stato trascritto male, comunque lo vedete dal tabulato non avrebbe senso neanche il ragionamento di chi svolge la deposizione che a un certo punto si torni alle 10 di mattina quando siamo a cavallo del pomeriggio. Vedete che alle 19.22 si trova in Emilia.
La stessa cosa accade a Dragone Raffaele: perché, in questo caso, risulta partire dall’Emilia, toccare il distretto di Bari e tornare in Emilia. Quindi sostanzialmente nel pomeriggio del 9/10/92 Dragone Raffaele cl. 63 e Cortese Angelo Salvatore sono in Puglia, ma uno è partito dalla Calabria, Cortese, l’altro è partito dall’Emilia. Dragone. La sera del 9/10/1992 sono entrambi in Emilia. Poi risulta che Cortese parte il 10 ottobre, la sera e torna in Calabria, mentre Dragone Raffaele parte per la Calabria l’11 ottobre e si vede il viaggio dai tabulati. Questa ricostruzione con gli orari esatti la potrete notare nei tabulati, in particolare Dragone Raffaele, poi, quando dall’Emilia torna in Calabria, ci arriva sicuramente alle 12.01 dell’11 ottobre, aggancia la cella del distretto.
CONTINUA LA SBOBINATURA....
AEMILIA 92 E QUEGLI OMICIDI PER TROPPO TEMPO DIMENTICATI
23 febbraio 2020 - di Paolo Bonacini
Alle 11,05 di venerdì 21 febbraio 2020 il Presidente della Corte d’Assise di Reggio Emilia Dario De Luca chiude la discussione in aula e dà la parola al pubblico ministero Beatrice Ronchi per la requisitoria finale. Dopo 28 udienze iniziate l’11 febbraio 2019, ad un anno di distanza, è tempo di tirare le conclusioni di questo processo che tocca la parte violente e mostra la mano omicida della ‘ndrangheta di Cutro emigrata al Nord.
La dott.ssa Ronchi, forte dell’esperienza maturata nella vicina aula bunker del primo grado di Aemilia, ha parlato per l’intera giornata (ne sono previste altre due) risolvendo anche un problema annoso delle aule di giustizia in Italia, dove le aste dei microfoni appoggiate sui tavoli sono pensate per gente che sta seduta. Avvocati e pubblici ministeri si alzano invece sempre in piedi quando prendono la parola, per rispetto alla Corte, e così succede normalmente una delle due: o parlano con la schiena piegata sul tavolo (e alla lunga la spina dorsale ne risente) o parlano stando eretti (e la voce si perde nel fastidioso rimbombo dell’aula). Il “metodo Ronchi” consiste nel portarsi da casa uno scatolone di robusto cartone, alto circa quaranta centimetri, per appoggiarci sopra l’asta del microfono, in modo da poter parlare stando eretta ma con la bocca vicina al microfono. Ne guadagna chi parla, costretto a minori fatiche, e ne guadagna chi ascolta, che finalmente comprende ogni parola e ogni virgola del dibattimento. Speriamo che il Codice di procedura penale venga aggiornato con un nuovo articolo, il n. 747, che più o meno potrebbe recitare così: “E’ fatto obbligo a chi prende la parola in aula di utilizzare lo <scatolone Ronchi> per consentire anche al pubblico di capire.”
Venerdì 21 febbraio si è capito bene, in Corte d’Assise a Reggio, di cosa parliamo quando parliamo di ‘ndrangheta. 50 anni di storia e di indagini, con l’attenzione incentrata in particolare sugli ultimi 20, dal 1997 ad oggi. Da quando è passata in giudicato la prima sentenza per l’uccisione di Vasapollo e Ruggiero a quando si è aperto questo processo a 6 nuovi imputati grazie alla rivelazioni dei due collaboratori di giustizia Antonio Valerio e Angelo Salvatore Cortese. 20 anni, dice Beatrice Ronchi, nei quali la mafia calabrese ha continuato ad espandersi in Italia e si è radicata in Europa, arrivando a sviluppare affari in tutti i continenti, con basi stabili dal Canada all’Australia. Di questa storia il pubblico ministero ha voluto subito richiamare, e c’è voluta un’ora buona, l’impressionante scia di sangue e di morti che ha costellato la lotta tra le famiglie per il controllo di Cutro al sud e di Reggio Emilia e dintorni al nord. Dagli anni ’70 in cui comandava il clan Dragone al 2004, quando l’uccisone di Totò Dragone ha decretato la vittoria finale dei Grande Aracri. Una guerra senza esclusione di colpi nella quale ha avuto un ruolo determinante una terza famiglia, quella dei Ciampà: “Ndranghetisti antesignani della mafia moderna” li definisce Beatrice Ronchi “punto di riferimento storico, ma più sfuggenti, meno propensi a mettersi in mostra con azioni violente e più capaci di mescolarsi con la società civile”. Talmente numerosi, imparentati e ramificati da imprimere il proprio marchio su un paese, Cutro, nel quale la toponomastica riportava anche un “Vico Ciampà”, nella stradina collegata a Corso Nazionale in cui viveva il cuore storico della famiglia. Che ha poi piantato radici con un secondo ramo di Ciampà pure nella contrada Scarazze di Nicolino Grande Aracri, dopo i matrimoni incrociati con i Crivaro, i Dragone e gli stessi Grande Aracri.
Nel raccontare questa storia il sostituto procuratore antimafia mette a fuoco un periodo preciso: l’estate 2017. L’imputato Antonio Valerio inizia a collaborare in giugno e fornisce ai PM che lo interrogano, Mescolini e Ronchi, “Una mole immensa di dati. 35 anni di storia di ‘ndrangheta vissuti in prima persona, con una precisione su nomi e dettagli impressionante.”
E’ Valerio a dire che sugli omicidi del 1992 “è tutto da rifare”. Che ci sono altri colpevoli ancora liberi o non giudicati; che “io stesso sono stato organizzatore di entrambi gli omicidi ed esecutore di quello di Ruggiero”. Il momento forse più intenso di questo primo giorno di requisitoria è quando Beatrice Ronchi rende partecipe l’aula delle decisioni che lei, il procuratore Mescolini e gli uomini della polizia guidati dal comandante Battisti hanno dovuto prendere in quell’estate 2017. C’erano da cercare i riscontro alle affermazioni di Valerio, c’erano da aprire nuove indagini, ma le confessioni del collaboratore si sovrapponevano ad un processo in corso, e che processo! Aemilia, con tre udienze alla settimana, con 149 imputati alla sbarra. C’era una sola possibilità: utilizzare la sospensione del processo per le ferie. Quei 20 giorni d’agosto in cui l’aula bunker veniva chiusa, in cui i più se ne andavano al mare. C’era da lavorare giorno e notte a cercare documenti, tabulati, elementi di riscontro alle dettagliate ricostruzioni di Valerio sul prima, il durante e il dopo, il chi, il come e il perchè di quei due omicidi commessi tra settembre ed ottobre 1992 in provincia di Reggio Emilia. “Un anno” dice ancora Beatrice Ronchi “nel quale perdevamo Falcone e Borsellino; nel quale io studiavo giurisprudenza e neppure immaginavo la guerra di mafia che si stava svolgendo a soli 100 chilometri di distanza, a Reggio Emilia, e che nulla aveva da invidiare ai fatti di sangue che avvenivano al sud”.
La requisitoria è in seguito entrata nel merito, con documenti processuali e dati storici, del profilo criminale di ciascuno degli imputato di questo processo, partendo da Antonio Ciampà classe 1958, soprannominato Coniglio. Ma è proprio la parte iniziale che restituisce a noi, dopo un anno di udienze vissute abbastanza sotto traccia, quasi con disinteresse dalla nostra comunità, l’importanza di questo processo. La dottoressa Ronchi ha ritenuto doveroso aprire la sua lunga esposizione ringraziando la Corte, i giudici togati e popolari, gli avvocati difensori, il personale amministrativo e gli ausiliari, i giornalisti. Poi i ragazzi del liceo scientifico Spallanzani presenti in aula, e sono i primi dall’inizio del processo, assieme al loro prof. Cosentina. Poi le parti civili e il sindaco di Brescello Elena Benassi, che ha voluto presenziare all’udienza, mentre “spiace che non si sia costituito parte civile il comune di Reggio Emilia” dice Beatrice Ronchi. Spiace perché un omicidio è stato compiuto a Pieve Modolena, alla periferia della città. E se in aula non viene l’amministrazione comunale a rappresentare i propri cittadini, parte lesa, poi non stupiamoci se non vengono neppure i cittadini.
I ringraziamenti indiretti, ma più forti, vanno infine ai due collaboratori di giustizia che hanno consentito l’apertura di questo processo: Antonio Valerio e Angelo Salvatore Cortese. Gli aggettivi si sprecano; Valerio “è stato formidabile”, Cortese ha fornito “un imprescindibile apporto”. Entrambi hanno raccontato cose nuove, fatti che non rientravano in nessun fascicolo giudiziario o di indagini. Entrambi hanno consentito di trovare riscontri oggettivi alle loro narrazioni. Entrambi, e non è certamente un fatto secondario, si sono auto accusati come partecipi all’organizzazione degli omicidi. Cortese lo aveva già fatto nel 2008, quando aveva deciso di iniziare la propria collaborazione con la giustizia e aveva raccontato come erano andate veramente le cose rispetto agli omicidi di Vasapollo e Ruggiero. Se allora gli avessero dato ascolto, se avessero iniziato il lavoro di indagine compiuto dalla DDA nell’estate 2017, forse si sarebbe arrivati prima alla conclusione di questa storia. “Non ci voleva la CIA per capire cosa e come fare a cercare i riscontri sulle cose narrate da Cortese.” E’ uno dei modi coloriti con cui la dottoressa Ronchi spiega che negli anni forse si è perso un po’ troppo tempo.
Lo ha detto chiaro e tondo, e noi l’abbiamo capito molto bene.
Grazie allo scatolone sotto al microfono.
Processo Aemilia 1992, la pm. "Spiace che il Comune non sia parte civile"
Iniziata la requisitoria sugli omicidi di ’ndrangheta: la pm Beatrice Ronchi stupita dall’assenza dell’Amministrazione
22 febbraio 2020 - di DANIELE PETRONE - Resto del Carlino
«Spiace e sorprende che il Comune di Reggio non si sia costituito parte civile…". È iniziata ieri con una bordata all’Amministrazione la requisitoria della pm Beatrice Ronchi al termine del dibattimento del processo ‘Aemilia 1992’ sugli omicidi di ‘ndrangheta in quegli anni. Due i delitti oggetto del procedimento, ossìa l’uccisione di Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero, avvenuti nell’ottobre di 28 anni fa in città e a Brescello (Comune che invece si è costituito parte civile, con il sindaco Elena Benassi presente in aula dove per la prima volta ad assistere c’era pure una classe, la 5^B del liceo Spallanzani).
Quattro gli imputati per quei fatti di sangue che secondo l’accusa sono stati epilogo delle faide tra famiglie mafiose di Cutro: il boss Nicolino Grande Aracri (che ha seguito l’udienza in videocollegamento dal carcere di Opera in cui è ristretto al 41 bis), Angelo Greco (anch’egli via streaming dalla cella), Antonio Ciampà detto ‘Coniglio’ (il quale non si è mai visto, preferendo restare ‘defilato’) e Antonio Le Rose (a piede libero, presente ieri un aula).
Negli omicidi erano coinvolti anche Nicolino Sarcone, braccio destro del boss, reo confesso condannato in primo grado a 30 anni, ma anche i pentiti Antonio Valerio (autoaccusatosi nelle sue rivelazioni e dunque condannato nel 2018 rinunciando all’appello) e Angelo Salvatore Cortese, assolto in secondo grado. E proprio sui due collaboratori di giustizia, il magistrato della Dda si è soffermata.
«Nella mia carriera, tra cui 10 anni a Reggio Calabria non ho mai visto un pentito così preciso". E ancora: "Cortese già nel 2008 aveva dato agli inquirenti dettagli veramente precisi, preziosi e puntuali che solo chi conosceva i fatti per averli vissuti in diretta poteva darli. Dettagli lasciati lì per anni nelle carte degli interrogatori, mentre avrebbero potuto essere sviluppati…", ha proseguito la pm – riferendosi in particolare al viaggio nella notte tra il 13 e il 14 ottobre del ’92 dei killer di Ruggiero dalla Calabria all’Emilia, circostanze poi confermate dai tabulati – non lesinando una stoccata a chi condusse le indagini che portarono al primo processo, nel ’97, sugli stessi fatti, che portarono all’ergastolo i mandanti Raffaele Dragone classe ’63 e Domenico Lucente (morto suicida in carcere), nipoti del vecchio boss Antonio Dragone.
"Un quadro probatorio divenuto granitico", ha continuato la Ronchi, la quale ha ringraziato il dirigente della squadra mobile Guglielmo Battisti e i suoi uomini che hanno svolto le indagini "sacrificando le ferie nel rovente e frenetico agosto 2017", scagliando anche una frecciata alle difese definite "evanescenti", così come direttamente al boss Grande Aracri: "Gli attacchi rivolti ai pentiti sono il residuo di polveri bagnate che rimane al boss di Cutro per arrabattare una difesa…".
Una requisitoria-maratona durata dalle 10 del mattino alle 18 del pomeriggio (con in mezzo una piccola pausa pranzo) che continuerà venerdì prossimo e quello successivo in cui la Ronchi formulerà le richieste di condanna.
Aemilia, pm sul pentito: è credibile
24Aemilia - Reggio Emilia, 22 febbraio 2020 - Dopo un anno di udienze a Reggio Emilia inizia la fase finale del processo costola di Aemilia sui fatti di sangue del 1992. Terminato il dibattimento, il pubblico ministero Beatrice Ronchi ha infatti iniziato stamattina la sua requisitoria sugli omicidi di Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero, freddati nella guerra tra le famiglie di ‘ndrangheta per il predominio sul territorio emiliano, epilogo delle faide di Cutro risalenti agli anni 70.
Per quei delitti, avvenuti nell’ottobre di 28 anni fa in citta’ e a Brescello, sono oggi imputati il capo della consorteria in Emilia Nicolino Grande Aracri, Antonio le Rose, Antonio Ciampa’ e Angelo Greco, indicati dai pentiti Antonio Valerio e Angelo Salvatore Cortese come organizzatori o esecutori materiali degli attentati. Nel 1997 il primo processo dedicato a quei fatti ha condannato all’ergastolo come mandanti i nipoti del vecchio boss Antonio Dragone, Raffaele Dragone (classe 63) e Domenico Lucente, che si e’ tolto la vita in carcere.
Coinvolti negli omicidi anche lo stesso pentito Valerio, che si e’ autoaccusato ed e’ stato condannato nel 2018 rinunciando all’appello, Cortese assolto in secondo grado e Nicolino Sarcone, braccio destro di Grande Aracri, che ha confessato sotto il peso delle prove a suo carico e, sempre nel 2018, ha rimediato in primo grado una condanna a 30 anni.
Le prime tre ore in cui ha preso la parola Ronchi le ha esaurite per difendere la credibilita’ dei collaboratori di giustizia, in particolare di Cortese, che elementi per riaprire il “cold case” degli omicidi reggiani li aveva dati gia’ nel 2008 con dichiarazioni – denuncia in sostanza il Pm – rimaste ignorate e non riscontrate fino al 2017, quando anche Valerio e’ tornato sull’argomento. Il pubblico ministero inoltre, ha ricostruito lo spessore criminale degli imputati e la scia di sangue tracciata dagli anni 70 al 2007 da 29 morti tra l’Emilia, la Calabria e la Lombardia.
“Il quadro probatorio – sostiene Ronchi – e’ risultato confermato anzi e’ diventato granitico, si e’ assolutamente rafforzato perche’ un dato evidente emerso dallo svolgimento di questo dibattimento e’ stata proprio l’assoluta evanescenza di qualsiasi tesi difensiva, che non ha prodotto alcun risultato concreto sulla tesi dell’accusa e sul portato accusatorio dei collaboratori di giustizia”. Compresi gli attacchi che in diverse occasioni Grande Aracri ha rivolto ai pentiti, definendoli bugiardi e visionari, che per il pubblico ministero sono “il residuo di polveri bagnate che rimane al boss di Cutro per arrabbattare una difesa”. In “sostanza – conclude Ronchi – possiamo dire che quello che e’ stato ricostruito nell’agosto del 2017 ha trovato oggi piena conferma nel contraddittorio delle parti”.
Circa l’attendibilita’ dei collaboratori di giustizia, il magistrato dice di Valerio: “Nel 2017 viveva in totale isolamento, non vedeva nessuno tranne noi e il suo avvocato e non aveva nulla con se’, tanto meno un computer, internet o il famoso Facebook (contestato in Aemilia per i resoconti in tempo reale delle udienze, ndr)”. E ancora: “Nella mia esperienza non breve, fatta anche di 10 anni alla Procura distrettuale di Reggio Calabria non ho mai visto un collaboratore di giustizia cosi’ preciso. Valerio non sbagliava praticamente mai e quelle poche volte che tra milioni di cose riferiva un dato inesatto, poi nello sviluppare il racconto se ne accorgeva lui stesso e lo correggeva”.
Ancora piu’ netta la difesa di Cortese: “Quando nel febbraio del 2008 aveva manifestato l’intenzione di collaborare con la giustizia, aveva subito dato agli inquirenti dettagli veramente precisi, preziosi e puntuali che solo chi conosceva i fatti per averli vissuti in diretta, poteva riferire”. Dettagli e dichiarazioni che pero’ “sono stati lasciati li’ per anni nelle carte degli interrogatori mentre avrebbero potuto essere sviluppati, cosi’ esatti e particolari e che nulla avevano a che vedere con quanto Cortese aveva potuto apprendere dalle carte del processo degli anni 90, cui peraltro aveva partecipato come imputato”.
Tra i fatti svelati da Cortese e accertati attraverso i tabulati telefonici analizzati dagli inquirenti reggiani, ad esempio, il viaggio nella notte tra il 13 e il 14 ottobre del 1992 dei killer di Ruggiero dalla Calabria in Emilia, compreso il dettaglio riferito dal pentito di un controllo dei Carabinieri, fortunatamente per loro svolto da un militare di Cutro infedele amico delle cosce, che e’ compasrso in aula anche a Reggio Emilia.
“Nulla si sapeva di quel viaggio, la circostanza non era mai emersa e Cortese l’ha detta subito”, rimarca il Pm. Altra testimonianza che poteva essere approfondita fin dall’inizio e’ poi quella dell’ex fidanzata di Nicolino Sarcone, che lo accompagno’ in treno per portare al nord le finte divise da Carabiniere con cui si travestirono gli assassini di Ruggiero. Anche di lei Cortese aveva gia’ parlato ed e’ la donna intimorita che ha testimoniato a Reggio in preda al terrore.
“Una testimone – ricorda Ronchi – in evidente stato di difficolta’ personale, ma non certamente visionaria e pazza, calabrese, quindi ben informata sulla pericolosita’ della cosca Grande Aracri e spaventata all’idea di vedersela faccia a faccia con Nicolino Grande Aracri che in quella udienza informo’ pubblicamente di averla denunciata (caso poi archiviato, ndr)”. Insomma conclude Ronchi, “voglio sottolineare l’importanza epocale delle dichiarazioni di Cortese che non sono mai state prese da altri atti, le ha dette lui e sono riscontrabilissime in modo oggettivo, ma non sono state immediatamente comprese e riscontrate”. E dire, ha affermato il Pm in un altro passaggio della requisitoria, “che non ci voleva la Cia…”.
(Agenzia Dire)
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