PROCESso
AEMILIA
MOVIMENTO AGENDE ROSSE
di SALVATORE BORSELLINO
gruppo MAURO ROSTAGNO - MODENA
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WHITE LIST -TRADITORI DELLO STATO-
UDIENZE PRELIMINARI - BOLOGNA
di Paolo Bonacini - 11 luglio 2019 - Cgil Reggio Emilia
Prima seduta in questo giovedì 11 luglio dell’udienza preliminare, davanti al giudice dott. Domenico Truppa di Bologna, che affronta la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Direzione Distrettuale Antimafia in merito a fatti riguardanti il post terremoto in Emilia Romagna. L’indagine mette sotto accusa 12 persone, tra cui il senatore Carlo Giovanardi, per i presunti reati commessi tra il 2013 e il 2016 con l’intento di aiutare imprese modenesi ad ottenere la reiscrizione alla white list o ad evitare le interdittive antimafia.
La richiesta di rinvio a giudizio era stata presentata dai sostituti procuratori Marco Mescolini e Beatrice Ronchi il 7 giugno 2018. L’accusa principale è di minacce a corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato e di rivelazione di segreti d’ufficio, con le aggravanti dell’abuso di potere, del metodo mafioso e della continuità nel reato. I tempi si sono allungati per una questione riguardante la posizione (processualmente sospesa) del senatore Giovanardi: l’utilizzabilità di alcuni tabulati telefonici con o senza l’autorizzazione parlamentare. La Corte Costituzionale ha stabilito con la sentenza n.38 del marzo scorso che solo il Senato potrà dare il relativo ok, ma ciò non impedisce al processo di partire e nella seduta di oggi il giudice dell’udienza preliminare ha ammesso le prime parti civili. Si tratta della CGIL dell’Emilia Romagna, della Camera del Lavoro e della FILLEA (il sindacato di categoria nell’edilizia) modenesi, della Regione Emilia Romagna e dell’associazione antimafia Libera. Era presente come parte offesa anche la Presidenza del Consiglio che potrà decidere di costituirsi con il Ministero dell’Interno. L’udienza preliminare è stata aggiornata al prossimo 29 ottobre.
Nel merito delle accuse, scrivevamo in marzo a commento della sentenza della Consulta, l’ex ministro Giovanardi (all’epoca dei fatti esponente del Nuovo Centro Destra) è considerato dal fascicolo della Procura Antimafia il perno politico su cui ruotava il tentativo degli imprenditori edili Bianchini di restare nel grasso mercato degli appalti pubblici post terremoto, nonostante le accertate relazioni con esponenti della famiglia di ‘ndrangheta Grande Aracri/Sarcone per false fatturazioni e prestazioni di mano d’opera.
Il muro da incrinare era rappresentato dal GIRER, il Gruppo Interforze costituito all’indomani delle violente scosse del 2012 in Pianura Padana. Aveva l’obbiettivo di contrastare la criminalità organizzata nei suoi prevedibili tentativi di assalto agli appalti della ricostruzione e ne facevano parte esperti della Direzione Antimafia, di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza.
Fu il GIRER a spingere il Prefetto di Modena Benedetto Basile a firmare l’interdittiva contro la Bianchini Costruzioni srl nel 2013 e ad esprime parere contrario, quando l’impresa finì in liquidazione, all’ammissione alla White List della neonata ditta individuale IOS del figlio di Augusto, Alessandro Bianchini, ritenendola in continuità con la precedente. Fu contro il GIRER, in particolare contro il suo pilastro ritenuto più ostico, i Carabinieri, che secondo le indagini della Direzione Antimafia si scagliò Giovanardi, con l’appoggio di importanti figure pubbliche (come il capo di gabinetto della Prefettura di Modena Mario Ventura e il funzionario dell’Agenzia delle Dogane Giuseppe Marco De Stavola) e con l’aiuto di una misteriosa società, la Safi srl, capace a proprio dire di orientare le scelte degli organi dello Stato in materia di white list e interdittive (quattro esponenti della Safi sono a processo). Tra gli indagati anche tre membri della famiglia Bianchini già giudicati in primo grado nel processo Aemilia: Augusto, titolare della Bianchini Costruzioni srl , condannato a 9 anni e 10 mesi, la moglie Bruna Braga (condanna a 4 anni) e il figlio Alessandro (3 anni).
L’ammissione della CGIL e del proprio sindacato di categoria come parti civili è conseguenza del fatto che le condotte criminali contestate agli imputati paiono in grado di determinare un danno specifico alle organizzazioni dei lavoratori, limitando la loro capacità di aggregazione e di rappresentanza. Si tratta anche di un implicito riconoscimento dell’azione politica e sindacale profusa dalla CGIL a difesa delle white list, in particolare nelle vicende modenesi riguardanti le due imprese Bianchini Costruzioni srl e Fratelli Baraldi spa. A rappresentare la CGIL in questa prima udienza preliminare erano gli avvocati Gian Andrea Ronchi (già protagonista di parte civile al processo Aemilia) e Andrea Gaddari. Si ritornerà in aula nel prossimo ottobre.
“Traditori di Stato”, ma lo Stato non è parte civile
Favori dei funzionari alla Bianchini di San Felice con aggravante mafiosa. Udienza rinviata ad ottobre. Attesa per Giovanardi
di Alberto Setti - 13 luglio 2019 - Gazzetta di Modena
Il procedimento penale sui “traditori di Stato” si sposta avanti di altri tre mesi.
E intanto si scopre che lo Stato ha deciso di non costituirsi parte civile contro i funzionari dello stesso Stato accusati di aver tentato di favorire le imprese dei Bianchini di San Felice, con l’aggravante mafiosa.
Tre mesi che potrebbero servire definitivamente per lo stralcio della posizione dell’ex senatore Carlo Giovanardi. Dal Senato non risulta discussa (c’è chi dice che non ce n’è proprio traccia...) la autorizzazione a procedere che avrebbe consentito di imputare anche il politico modenese, accusato a sua volta di aver favorito i Bianchini con l’aggravante mafiosa. Ieri a Bologna, davanti al giudice delle indagini preliminari Domenico Truppa, si è aperta l’udienza che vede imputati la famiglia Bianchini (Augusto, la moglie Bruna e il figlio Alessandro), il viceprefetto Mario Ventura, altri due funzionari (Daniele Lambertucci e Giuseppe Marco De Stavola, in servizio all’agenzia delle dogane), Giancarla Moscattini, avvocato di Formigine, e quattro pseudo agenti segreti di una agenzia di affari (Ilaria Colzi, Alessandro Tufo, Giuliano Michelucci, Giulio Musto) che millantando di tutto erano riusciti ad accreditarsi in prefettura a Modena.
Il procedimento, istruito come ramo dell’inchiesta Aemilia dai pm della Dda Beatrice Ronchi e Marco Mescolini, dopo una breve introduzione si è limitato alla costituzione delle parti civili.
Ìntanto si sono costituite la Regione, l’associazione Libera (con il vicepresidente nazionale, l’avvocato modenese Enza Rando), la Camera del Lavoro di Modena, la Cgil-Fillea di Modena, la Cgil Bologna.
Era presente per conto del Ministero anche l’avvocato dello Stato Zito, il quale tuttavia ha limitato la sua partecipazione a quella di “parte offesa”. Significa che se prima di un eventuale dibattimento gli imputati scegliessero un rito alternativo, lo Stato sarebbe fuori dai risarcimenti. Era già accaduto con il Comune di San Felice e quelli dell’Area Nord, all’udienza preliminare del processo Aemilia, che poi si costituirono contro gli imputati rinviati a giudizio al dibattimento.
Il giudice, ammesse le parti civili, ha rinviato al prossimo 29 ottobre, quando l’udienza entrerà nel merito.
Ieri nell’aula del gip di Bologna non c’erano gli imputati. A rappresentarli i difensori: risultano nominati tra gli altri gli avvocati modenesi prof Giulio Garuti, Simone Bonfante, Pierfrancesco Rossi, Alessandro Sivelli, Riccardo Pellicciardi, Enrico Fontana.
Dai filmati sul pc dei Bianchini alle minacce
13 luglio 2019 - Gazzetta di Modena
L’inchiesta era partita come ramo autonomo di Aemilia. Durante la perquisizione del 2015 ai Bianchini, spuntò dal pc di Alessandro una sequenza di filmati “illuminanti” per gli investigatori. Il giovane titolare della Ios aveva registrato le conversazioni con esponenti della prefettura, con Giovanardi e con altri. Si scoprì così una rete sotterranea di pressioni per favorire il reinserimento nella white list della ditta considerata infiltrata dalla ’ndrangheta. Giovanardi ha sempre sostenuto di non essere a conoscenza di queste infiltrazioni, e di avere difeso con atti ispettivi una azienda a suo avviso ingiustamente punita. Intercettazioni, rapporti degli investigatori, e atti pubblici ad avviso della Dda raccontano il contrario, tra minacce, pressioni e azioni compulsive. Giovanardi disse poi di essere stato lui a denunciare i falsi agenti segreti della ditta Safi, ma nella imputazione della Procura (per lui sospesa) si sostiene che era solo una manovra di fatto evasiva e tardiva.
Traditori dello Stato per favorire la 'ndrangheta: il governo non è parte civile al processo
Un'interrogazione parlamentare dagli stessi M5s: funzionari della prefettura e Carlo Giovanardi accusati di aver cercato di favorire un'impresa legata ai clan.
22 luglio 2019 - Globalist
I motivi per cui il Governo non si è al momento costituito parte civile nel cosiddetto processo "ai traditori di Stato" che si è aperto l'11 luglio a Bologna, sono al centro di un'interrogazione parlamentare del M5s. L'atto, a firma delle deputate Stefania Ascari e Maria Edera Spadoni e indirizzato al presidente del Consiglio dei ministri e a quelli di Interno e Giustizia, prende le mosse dalla vicenda giudiziaria istruita come ramo autonomo dell'inchiesta Aemilia contro la 'ndrangheta dai pubblici ministeri della direzione distrettuale antimafia Beatrice Ronchi e Marco Mescolini.
Il procedimento, che vede imputati tra gli altri a vario titolo anche con l'aggravante mafiosa, la famiglia di imprenditori modenesi Bianchini, funzionari prefettizi e l'ex senatore Carlo Giovanardi (la cui posizione processuale è sospesa) riguarda in particolare le pressioni che i funzionari della Prefettura e l'ex parlamentare avrebbero esercitato per favorire il reinserimento nella white list di una ditta dei Bianchini considerata infiltrata dalla 'ndrangheta. Nell'udienza preliminare del processo pero', a differenza di Regione Emilia-Romagna, Libera, Camera del lavoro di Modena, Cgil-Fillea di Modena e Cgil di Bologna, l'avvocato dello Stato ha limitato la sua partecipazione a quella di "parte offesa" senza chiedere di essere parte civile.
Se prima di un eventuale dibattimento gli imputati scegliessero un rito alternativo, lo Stato sarebbe così escluso dai risarcimenti. La ripresa del processo e' fissata per il 29 ottobre, ma intanto Ascari e Spadoni, domandano "se il Governo non ritenga giusto e doveroso che lo Stato si costituisca parte civile nel procedimento penale" e invitano a chiarire "per quali ragioni la costituzione non abbia avuto luogo" e se avverra' nelle prossime udienze.
“Traditori di Stato” Il Governo incalzato per la sua assenza
Le parlamentari dei 5 Stelle Ascari e Spadoni interrogano per capire i motivi della mancata costituzione di parte civile
24 luglio 2019 - Gazzetta di Modena
I motivi per cui il Governo non si è al momento costituito parte civile nel cosiddetto processo “ai traditori di Stato” che si è aperto l’11 luglio a Bologna, e vede imputati anche l’ex vice prefetto Mario Ventura, un dipendente della Prefettura e un funzionario delle Dogane, sono al centro di un’interrogazione parlamentare dei 5 Stelle.
L'atto, a firma delle deputate Stefania Ascari e Maria Edera Spadoni e indirizzato al presidente del Consiglio dei ministri e a quelli di Interno e Giustizia, prende le mosse dalla vicenda giudiziaria istruita come ramo autonomo dell’inchiesta Aemilia contro la ’ndrangheta.
Il procedimento, che vede imputati tra gli altri a vario titolo anche con l’aggravante mafiosa, la famiglia Bianchini e l’ex senatore Carlo Giovanardi (la cui posizione processuale è sospesa) riguarda in particolare le pressioni che i funzionari della prefettura e l’ex parlamentare avrebbero esercitato per favorire il reinserimento nella white list delle aziende di Augusto e Alessandro Bianchini.
Nell’udienza preliminare del processo però, a differenza di Regione Emilia-Romagna, Libera,Cgil di Modena, Cgil-Fillea e Cgil di Bologna, l’avvocato dello Stato ha limitato la sua partecipazione a quella di “parte offesa” senza chiedere di essere parte civile. Se prima di un eventuale dibattimento gli imputati scegliessero un rito alternativo, lo Stato sarebbe così escluso dai risarcimenti.
La ripresa del processo è fissata per il 29 ottobre, ma intanto Ascari e Spadoni, domandano “se il Governo non ritenga giusto e doveroso che lo Stato si costituisca parte civile nel procedimento penale” e invitano a chiarire “per quali ragioni la costituzione non abbia avuto luogo” e se avverrà nelle prossime udienze.
L'interrogazione parlamentare alla pagina:
White List: il caso Giovanardi (processoaemilia.com)
di Sabrina Natali - 22 settembre 2019 - www.19luglio1992.com
Quel 28 marzo 2017 eravamo in aula per trascrivere l’udienza in diretta sulla nostra pagina Facebook “processo Aemilia”, quando Emidio D’Agostino, maresciallo del nucleo investigativo di Modena, relativamente alla vicenda Bianchini, portò in esame le ingerenze che alcuni funzionari di Stato avevano rivolto al GIRER, l’organismo preposto in occasione del terremoto 2012 per monitorare eventuali infiltrazioni mafiose nelle imprese.
In quell’occasione Francesco Maria Caruso, presidente del tribunale di Bologna che presiedeva il primo grado di Aemilia, si rivolse all’allora PM Marco Mescolini – oggi procuratore di Reggio Emilia – chiedendo “ci siamo posti il problema?”. La risposta del magistrato fu perentoria: “non in questo processo”.
Infatti, proprio su questa vicenda, arrivò poco più di un anno dopo, la notizia del rinvio a giudizio per 11 indagati. Fra questi, con nostra sorpresa, non figurava però l’ex senatore Carlo Giovanardi, le cui azioni tanto ci avevano lasciati allibiti proprio quel 28 marzo.
Scoprimmo così che la posizione dell’ex membro della commissione antimafia era “processualmente sospesa” poiché, essendo un parlamentare, l’iter era diverso rispetto agli altri.
Da allora abbiamo tenuto monitorato l’evolversi degli eventi fino al 3 settembre di quest’anno, data in cui la Giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere ha finalmente ricevuto la richiesta da parte della magistratura bolognese per l’utilizzo delle intercettazioni a carico dell’ex senatore.
Ora è tutto nelle mani di quei senatori componenti della Giunta che dovranno decidere se concedere o meno l’utilizzo di quelle intercettazioni richieste dai PM, ritenute fondamentali per la posizione di Giovanardi.
Avendo ben presente quella scritta “La legge è uguale per tutti” che tante volte abbiamo visto in questi anni passati in aula, ci auguriamo che possa corrispondere alla realtà dei fatti, poiché riteniamo che chiunque debba rispondere di fronte alla legge in egual modo, a maggior ragione chi rappresenta le istituzioni.
Speriamo quindi che la Giunta si pronunci a favore, fornendo l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni a carico di Giovanardi e che la sua posizione venga accorpata agli altri 11 imputati dell’inchiesta “Traditori dello Stato” in modo da risparmiare non solo denaro pubblico accorpando tutto in un unico processo, ma anche tempo per scongiurare una prescrizione che non corrisponderebbe a quell’ideale di giustizia a cui tutti noi dovremmo ambire.
COMUNICATO STAMPA A FIRMA DI:
Agende Rosse – gruppo Mauro Rostagno – Modena
Agende Rosse – gruppo Rita Atria – Reggio Emilia e provincia”
di Andrea Sparaciari - 4 novembre 2019 - Business insider Italia
Spieghi l’ex senatore Carlo Amedeo Giovanardi perché per quasi un anno ha fatto di tutto, lecito e non lecito, pur di “aiutare” alcune società sospettate di essere mafiose, come poi effettivamente dimostrato dai giudici di primo grado. È stata più o meno questa la domanda che martedì 29 ottobre i senatori che compongono la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato hanno posto all’ex esponente di Dc, Udc, Pdl, Nuovo Centrodestra e IdeA.
I componenti sono chiamati a decidere sulla richiesta arrivata dai magistrati di Bologna di poter utilizzare cinque intercettazioni telefoniche nel procedimento penale che vede coinvolto lo stesso Giovanardi.
Per i Pm, infatti, l’ex vice-presidente della Commissione antimafia, già ministro del governo Berlusconi, avrebbe rivelato documenti segreti, minacciato carabinieri, fatto continuate pressioni sui prefetti di Modena, al fine di far ammettere nelle white list una società colpita da interdittiva antimafia – la Bianchini e la Ios – , così da farle partecipare ai ricchi appalti della ricostruzione post terremoto in Emilia del 2012, un affare da oltre 10 miliardi di euro.
Sfortunatamente per Giovanardi si è trattato di uno sforzo inutile: la Bianchini non sarà mai riammessa in White List anche perché i suoi titolari saranno arrestati, processati e condannati.
Ma già all’epoca dei fatti, siamo tra il giugno 2013 e gennaio 2015, la Bianchini era gravata da accuse pesantissime, perché sospettata di subappaltare lavori a picciotti legati alla cosca dei Grande-Aracri o degli Arena. Il 31 ottobre 2018 i proprietari (padre, madre e figlio) sono stati condannati in primo grado per aver ottenuto decine di appalti grazie alla corruzione di amministratori pubblici; aver costruito i moduli abitativi per i terremotati mischiando cemento e amianto; aver disseminato di rifiuti tossico-nocivi i cortili delle scuole elementari e medie di mezza provincia di Modena.
Per l’allora senatore Giovanardi si trattava invece di “imprenditori specchiati”, vessati da una assurda normativa antimafia e da prefetti prevenuti, come si legge nelle numerose interviste rilasciate ai giornali locali. Per loro, Giovanardi, si spende anima e corpo, per anni. Un’azione politicamente lecita, ma che ha assunto anche aspetti penalmente perseguibili, attuata anche grazie all’appoggio di funzionari infedeli della prefettura di Modena e di altre pubbliche amministrazioni.
Tanto che i magistrati hanno inviato a lui un avviso di garanzia e altre 11 persone sono state rinviate a giudizio. Il reato contestato è di “minacce a corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato e di rivelazione di segreti d’ufficio, con le aggravanti dell’abuso di potere, del metodo mafioso e della continuità nel reato”. Mentre per i presunti complici il processo sta andando avanti, per Giovanardi è tutto congelato: i pm hanno prima chiesto l’ok della Corte Costituzionale all’utilizzo di alcune intercettazioni e ora attendono il via libera dai senatori sempre per le medesime telefonate, un prologo per poi poter chiedere il processo.
Qualunque sarà la decisione della giunta, di sicuro è inquietante la ricostruzione contenuta nelle carte giunte a palazzo Madama, nelle quali si legge: “il Sen. Giovanardi, avvalendosi tanto della sua notoria influenza politica, quanto delle aderenze all’interno della prefettura di Modena, avrebbe in più occasioni tentato di condizionare l’attività dell’organo collegiale incaricato dell’istruttoria (…), facendo illecite pressioni per ottenere la modifica degli orientamenti già espressi (…) e quindi ottenere una rivalutazione dei provvedimenti adottati nei confronti sia della Bianchini Costruzioni srl, sia della ditta individuale IOS di Bianchini Alessandro favorevoli a questi ultimi, nella prospettiva di ammissione nella White List, – come accaduto in precedenza con altro imprenditore edile locale, Baraldi Claudio, anch’egli risultato in stretti rapporti col sen. Giovanardi; ciò nella consapevolezza dell’assenza delle condizioni”.
Sì, perché Giovanardi, prima della Bianchini, orchestra un’azione di sostegno per un’altra società anch’ella esclusa dalle White List, la Baraldi spa, la quale sarà invece riammessa tra i fornitori della ricostruzione, grazie anche all’opera di una misteriosa agenzia di investigazioni Safi, che prendeva soldi dagli imprenditori assicurando di poter “ripulire” le aziende macchiate da interdittive grazie a contatti nei servizi e “appoggi interni” alle istituzioni.
Ma torniamo alla Bianchini: quella di Giovanardi è un’attività frenetica che i pm hanno potuto ricostruire quasi in tempo reale, grazie alle registrazioni audio e video effettuate di nascosto da uno dei titolari della società, che registrava ogni incontro privato con l’amico senatore. Tutti filmati già agli atti del processo e finiti anche nel faldone del maxi processo alla ‘ndrangheta “Aemila”, che con la vicenda Giovanardi ha numerosi punti di contatto.
In breve: la Bianchini srl di Augusto Bianchini nel 2013 viene esclusa dalla White list dal prefetto Benedetto Basile (prima che questi vada in pensione) perché colpita da interdittiva antimafia, essendo in affari con noti ‘ndranghetisti, esclusione confermata anche dal Tar. Allora i Bianchini ripresentano la richiesta per una nuova società, in Ios, intestata al figlio Alessandro, ma la prefettura nega anche questa volta l’ok, ritenendo la nuova società solo una continuazione di quella vecchia. Da subito Giovanardi si schiera con gli imprenditori, scatenando una violenta campagna stampa contro la politica della lotta alla mafia, in difesa dell’“imprenditoria pulita”. In particolare, attacca il prefetto Michele Di Bari, successore di Basile, che Giovanardi definirà “un coniglio che pensa solo a non fare cose che lui ritiene controproducenti per sé stesso”, del quale promette “chiederò la rimozione”.
Una manovra che passa anche per interrogazioni parlamentari (il 22 luglio e il 21 ottobre 2014) e interventi in Commissione Antimafia. Baraldi e la Bianchini “sono aziende gestite entrambe da famiglie conosciute, stimate ed apprezzate in tutta la Bassa modenese. Ma è mai possibile che per prevenire il pericolo di tentativi inquinanti di infiltrazioni mafiose si metta a rischio il lavoro di centinaia di maestranze e si producano danni per decine di milioni di euro?”, arriva a dichairare.
Ma l’azione di Giovanardi, per i pm, avviene soprattutto in privato, di nascosto, nell’ombra. È sfruttando le sue entrature nelle stanze del potere che esercita un’incessante pressione pro Bianchini. Grazie alle sue conoscenze, informa con solerzia la famiglia delle decisioni del Comitato di legalità (l’organo interforze deputato a escludere le aziende secondo la normativa antimafia), rivelando il contenuto di documenti segreti che lui non avrebbe dovuto neanche leggere; consiglia le mosse da fare; arriva a rivedere le memorie difensive scritte dagli avvocati degli imprenditori, integrandole con passaggi basati su documenti che i Bianchini non avrebbero dovuto conoscere…
Ma per i pm va anche oltre, esercitando “pressioni e minacce anche esplicite nei confronti dei singoli componenti del gruppo interforze direttamente o tramite superiori gerarchici, prendendo contatto reiteratamente con i comandanti e i dirigenti provinciali delle forze di polizia (Comandante provinciale della Giardia di Finanza, Comandante provinciale dei carabinieri, Questore) con i responsabili Dia, aggredendoli verbalmente in numerose occasioni (…) per ottenere la mutazione dei loro orientamenti”.
Al Prefetto arriva a dire: “Se io fossi in lui (Bianchini, ndr), verrei qui con un mitragliatore e vi ammazzo tutti… vi rendete conto che state facendo delle robe… folli!… folli!”. L’intimidazione più violenta però la esercita su due carabinieri – i più risoluti a negare l’ok all’iscrizione delle imprese a lui care alle white list -, il comandante provinciale, colonnello Stefano Savo e il responsabile del nucleo investigativo, tenente colonnello Domenico Cristaldi, che Giovanardi “convoca” in un bar il 17 novembre del 2014. Difronte al loro netto rifiuto a cambiare parere, l’ex senatore inizia a “minacciarli direttamente e gravemente, paventando la presentazione di esposti presso l’autorità giudiziaria abbinata ad azioni parlamentari”.
Comportamento anomalo per un politico che aveva fatto della difesa a oltranza dell’operato delle forze dell’ordine un marchio di fabbrica: come dimenticare le frasi pronunciate all’epoca del caso Cucchi (“Vedremo nel corso del processo se le botte dei carabinieri sono state causa della morte (…); le perizie hanno sempre escluso la morte per percosse”; “tra i carabinieri e gli spacciatori io sto sempre con i carabinieri”) o di quello Aldrovandi ( “I poliziotti del caso Aldrovandi non devono essere in galera”, “Aldrovandi non è morto per le botte”).
La strenua difesa delle società risulta incomprensibile alla luce delle contestazioni che erano loro mosse e che Giovanardi conosceva benissimo, avendo avuto accesso agli atti. Accuse confermate nel primo grado di giudizio il 31 ottobre 2018 che ha portato alla condanna a nove anni e 10 mesi per Augusto Bianchini per concorso esterno in associazione mafiosa, a quattro anni per sua moglie Bruna Braga e a tre anni per il figlio Alessandro.
Per i magistrati la Bianchini srl. “ha concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento alla conservazione e alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa (cioè la ‘ndrangheta, ndr), coinvolgendo e facendosi coinvolgere su numerosissimi iniziative”.
Non solo, avendo vinto l’appalto – grazie a un funzionario corrotto – per la rimozione delle macerie del terremoto, “effettuavano operazioni non consentite di recupero e miscelazione di ingenti quantitativi di rifiuti, volontariamente non procedendo alla distinzione dei rifiuti non pericolosi da quelli pericolosi ed in particolare da quelli contenenti amianto”. E che fine facevano quei rifiuti pericolosi?
Un po’ sono stati miscelati al cemento delle pavimentazioni del cimitero di San Felice, nella caserma di vigili del fuoco sempre di San Felice, nel centro di accoglienza della cittadina. Il resto è stato semplicemente abbandonati nei giardini della scuola media “Zanoni” di Concordia sulla Secchia, nell’asilo Dante Alighieri di Mirandola, nel cortile della scuola Castelfranchi/Frassoni di Finale Emilia e nella scuola secondaria “Carducci” di Reggiolo.
Non solo, i Bianchini si erano anche messi d’accordo con due ‘ndranghetisti, Michele Bolognino e Giuseppe Giglio, per organizzare una maxi evasione fiscale (circa 750 mila euro per il periodo tra il 2008-2012). Ma non è ancora finita: i Bianchini avevano appaltato agli ‘ndranghetisti la gestione di 12 operai i quali venivano sfruttati nel peggiore dei modi. Gli imprenditori infatti li pagano tutti meno di 1.000 euro al mese (così da poterli liquidare in contanti), però giravano i soldi a Bolognino e Giglio, i quali si trattenevano una tangente (per “la Cassa edile”, dicevano ridendo), si intascavano i buoni pasto, facevano lavorare le persone sette giorni su sette. E a chi si ribellava, ricordavano che loro erano “quelli della Calabria”. In pratica un ritorno all’800, tanto che la Cgil, la prima a denunciare quanto stesse accadendo, è stata riconosciuta come parte civile al processo.
E poi c’è l’altra società per la quale Giovanardi si attiva, la Baraldi Spa. Anche questa aveva più di un problema con la Dia, tanto che nel dicembre 2012 viene esclusa dalle white list dalla Prefettura di Modena, suscitando la furia del senatore. Quella volta, però, Giovanardi raggiungerà il suo scopo, tanto che la Baraldi sarà riammessa nella lista. Tuttavia quell’esclusione era più che motivata alla luce delle risultanze investigative:
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Il direttore tecnico della Baraldi era Ivan Gazzetti, già consigliere delegato della ECO.Ge. srl, società di Gino Mamone “personaggio la cui famiglia risultava riconducibile alla criminalità organizzata”, in quanto imparentato con Carmelo Nino Gullace, capo della cosca Raso-Gullace-Albanese;
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Baraldi Claudio risultava indagato con Gino Mamone per associazione a delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti a Genova.
Non solo: per la Guardia di Finanza, i Mamone erano “il volto imprenditoriale delle cosche calabresi della Piana di Gioia Tauro in terra di Liguria e nel Nord Ovest del Paese, il punto di contatto con la politica”. Gino Mamone era stato inoltre appena condannato a tre anni per aver corrotto l’assessore comunale Genova, Paolo Striano (Pd).
Infine la Dia ricordava come Gino Mamone, Ivan Gazzetti (direttore tecnico della Baraldi) e Claudio Baraldi (amministratore dell’omonima società) fossero indagati dalla Gdf di Genova perché ritenuti membri di un’associazione a delinquere che tra il 2006 e il 2009 aveva commesso delitti di turbativa d’asta e truffa aggravata per ottenere gli appalti connessi all’ex area Ilva/Italsider sulle aree di Genova-Conegliano.
È per questa società che Giovanardi smuove mari e monti, arrivando a dichiarare pubblicamente che la sua esclusione fosse un provvedimento “infondato, immotivato e attuato in violazione di legge”. In una interrogazione sostiene: “i fratelli Baraldi hanno impresso nel DNA i valori dell’onestà, dell’umiltà e della laboriosità”.
Ma negli anni precedenti Giovanardi aveva preso le parti anche di altre società assai chiacchierate, come ricorda il prefetto Basile in una nota inviata all’allora capo di gabinetto del ministro degli Interni, Angelino Alfano, datata 2 dicembre 2015.
C’era stata la campagna a favore della Ge.Co., società per la quale Giovanardi fa più di un’interrogazione parlamentare perché era esclusa dalla prefettura di Modena a causa degli “stretti rapporti con la società Tipaldi riconducibile all’omonima famiglia affiliata alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto”;
Poi c’erano stati i due imprenditori di Castel di Principe, Raffaele Cantile e Francesco Piccolo, titolari della società Pi.Ca., per Giovanardi “imprenditori onesti” per i quali “si stavano confondendo le vittime con i carnefici”. Evidentemente non importava al senatore che la sede della Pi.Ca. risultasse “in Milano presso lo studio di un commercialista facente capo a Domenico Iovane, primo cugino di Antonio Iovane, detto “o Ninno”, al vertice della compagine criminale denominata “clan dei Casalesi”. E che i due sarebbero stati in stretti contatti con il boss Michele Zagaria.
C’è da dire che non erano solo prefetti e forze dell’ordine di Modena gli obiettivi della crociata dell’ex senatore. Tra i suoi “nemici” c’era sicuramente il Dott. Cono Incognito, già responsabile del Gruppo interforze per la Ricostruzione in Emilia, colpevole di aver dichiarato in un convegno che “Il 26% delle macerie del terremoto era stato trasportato da camion intestati a soggetti contigui alla mafia”. Un’affermazione intollerabile per l’ex senatore, il quale rispose via stampa e via interpellanza parlamentare, chiedendo chi fosse costui che “viene presentato come superpoliziotto” colpevole di parlare “in maniera del tutto infondata di imprese modenesi i cui membri e sindaci hanno rapporti con organizzazioni criminali…?”.
Una domanda alla quale hanno risposto nell’ottobre scorso i giudici di Bologna nelle 3.169 le pagine delle motivazioni del processo “Aemilia” che ha sgominato la ‘Ndrangheta nella regione, comminando 119 condanne per 1.223 anni complessivi di carcere.
Infine, si deve ricordare che Giovanardi se l’era presa col prefetto Basile anche per la gestione dei centri d’accoglienza, quando questi nel 2013 assegnò la gestione del Cie alla cooperativa Oasi. Un affidamento contestatissimo dal senatore, il quale adombrò più volte interessi particolari di Basile nella scelta della cooperativa. Per Giovanardi, quella che gestiva il Cie in precedenza, la Misericordia, andava benissimo. E lui la conosceva bene, visto che a presiedere la Concordia era tale Daniele Giovanardi, cioè suo fratello…
La memoria difensiva presentata alla Giunta per le autorizzazioni del Senato dall’ex sen. Carlo Giovanardi
“”Un fumus persecuzionis” che appare evidente nelle 243 pagine della domanda di autorizzazione”. Così si legge nella memoria inviata il 17 ottobre 2019 dall’ex senatore Giovanrdi alla Giunta per le autorizzazioni del Senato. Nel documento, l’uomo politico risponde alle accuse dei pm e chiede ai componenti di “sollevare un conflitto di attribuzioni presso la Corte Costituzionale con riferimento allo straripamento dei poteri dell’autorità Giudiziaria sull’attività parlamentare”. Inoltre il senatore Giovanardi ricorda di non essere stato rinviato a giudizio, ma di aver solo ricevuto un avviso di garanzia.
Giovanardi: 'Non sapevo nulla di rapporti con Ndrangheta di Bianchini'
di Giuseppe Leonelli - 30 ottobre 2019 - La Pressa
'Il viceprefetto Ventura non mi ha mai messo a conoscenza di nessun segreto della Prefettura, non ho mai avuto verbali della Commissione prefettizia'
'Chiedo di sollevare un conflitto di attribuzioni presso la Corte costituzionale con riferimento allo straripamento dei poteri dell'autorità giudiziaria sull'attività parlamentare anche alla luce di un 'fumuspersecuzionis' che appare evidente nelle 243 pagine della domanda di autorizzazione. Per quanto riguarda le conversazioni telefoniche, essendo stata la prima telefonata intercettata il 23 marzo 2013 e le successive a giugno e il 10 luglio, è evidente che tutte quelle successive alla prima non possono essere definite casuali, di qui il rigetto della domanda di potere utilizzare i tabulati'.
Sono queste le conclusioni delle 14 pagine della memoria che ieri l'ex ministro Carlo Giovanardi ha letto davanti alla Giunta per le autorizzazioni del Senato. Parliamo della indagine della Direzione antimafia di Bologna che contesta all'ex senatore i reati di minaccia a corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato, minaccia a pubblico ufficiale, rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio con l'aggravante mafiosa: tutti reati che, secondo l'accusa, sarebbero stati commessi nel tentativo di 'salvare' dall'interdittiva antimafia la Bianchini costruzioni.
Giovanardi nella sua articolata difesa inserisce le sue azioni a favore della Bianchini all'interno di una legittima attività parlamentare: ricordiamo che nel primo grado del processo Aemilia Augusto Bianchini è stato condannato a 9 anni e 10 mesi e la moglie Bruna Braga a 4 anni.
'L'affermazione che ero a conoscenza dei rapporti con la Ndrangheta intrattenuti da Augusto Bianchini è una macroscopica menzogna smentita proprio dallo stesso materiale fornito dal Gip - afferma Giovanardi -. Non soltanto infatti i Bianchini mi hanno ripetutamente giurato di non avere mai avuto rapporti con la Ndrangheta, ma nel video illegittimamente mostrato al processo Aemilia, in cui il sottoscritto, senatore in carica, viene ripreso da Alessandro Bianchini nel suo studio nell'esercizio delle sue funzioni senza aver chiesto l'autorizzazione a questa Giunta, incalzo ripetutamente i Bianchini a dirmi tutta la verità, perchè se ci fossero state ombre sul loro comportamento sarebbero certamente emerse. Le mezze frasi della moglie su una cambiale o sulla ditta Giglio operante allora legalmente nel settore edile e relativa alle operazioni della Bianchini, non fanno mai nessun riferimento implicito o esplicito alla Ndrangheta, anzi sia Augusto che Alessandro lo negano decisamente'. E ancora: 'E' vero che Augusto Bianchini e Bruna Braga sono stati condannati nel primo grado del processo Aemilia, ma i due figli minori presenti a quell'incontro sono stati assolti da ogni accusa e ad Alessandro non è stata riconosciuta l'aggravante mafiosa. E' curioso che io avrei dovuto sapere quello che nemmeno i figli impegnati nell'impresa sapevano'.
Capitolo ad hoc delle 14 pagine di difesa presentate da Giovanardi è dedicato poi ai rapporti tra lo stesso Giovanardi e l'ex viceprefetto Mario Ventura.
'Ho sempre avuto amicizia e stima del dottor Ventura: quando ero sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ho ripetutamente e legittimamente segnalato all'allora sottosegretario agli Interni e poi ministro della Giustizia Nitto Palma, che sarebbe stato giusto promuoverlo prefetto in una sede fuori Modena - scrive Giovanardi nella sua difesa -. Un truffatore della Safi, parlando con un pregiudicato, avrebbe detto che 'il dottor Ventura è amicissimo di Giovanardi e che sembra non muova foglia che lui non voglia'. Ventura non mi ha mai messo a conoscenza di nessun segreto della Prefettura, non ho mai avuto verbali della Commissione prefettizia e mi limitavo a diffondere le motivazioni delle interdittive quando il testo era stato messo a disposizione delle stesse aziende colpite. Sino all'arresto dei Bianchini io ero completamente all'oscuro di indagini nei loro confronti'.
Durante l'audizione di ieri Pietro Grasso ha chiesto chiarimenti a Giovanardi sulle sue conoscenze rispetto a precedenti procedimenti dei Bianchini, dopodichè la seduta si è chiusa.
A questo punto starà alla giunta per le autorizzazioni del Senato decidere se sentire nuovamente l'ex senatore o se dare direttamente il proprio parere sulle richieste avanzate da Giovanardi a conclusione della memoria (conflitto di attribuzione e divieto di utilizzo dei tabulati telefonici) e comunque, alla fine, sarà la stessa Aula del Senato a votare.
Modena. Aemilia, white list e talpe in Prefettura: in 11 a processo. Anche l'ex vice prefetto
Sono accusati, a vario titolo, di rivelazione di segreti d'ufficio e di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o dello stato. È Invece caduta la contestazione dell'aggravante del metodo mafioso.
20 gennaio 2020 - Gazzetta di Modena
MODENA - Sono state rinviate a giudizio tutte le 11 persone coinvolte nella vicenda, in sostanza una costola del processo Aemilia, delle presunte talpe che, qualche anno fa in Prefettura a Modena, avrebbero informato la ditta Bianchini sul rigetto delle proprie istanze per tornare in white list nell'ambito della ricostruzione post-sisma 2012.
In ballo ci sono sia il discusso reintegro dell'altra ditta coinvolta, la fratelli Baraldi, nel periodo di passaggio di consegne tra due prefetti, sia la società di investigazioni Safi, a cui le due aziende edili, come emerso, avrebbero versato soldi per tornare in white list.
I rinvii a giudizio sono stati disposti oggi dal gup di Bologna, Domenico Truppa, che ha accolto le richieste del pm Beatrice Ronchi, e il processo inizierà a Modena il 28 maggio.
Nell'inchiesta è coinvolto anche il senatore Carlo Giovanardi, che assieme ad alcuni funzionari della prefettura avrebbe esercitato pressioni per favorire il reinserimento nella white list di una ditta dei Bianchini considerata infiltrata dalla 'ndrangheta.
La posizione processuale di Giovanardi, comunque, al momento e' sospesa, in attesa che il senato si pronunci sull'autorizzazione a procedere nei suoi confronti.
Gli 11 imputati, tra cui ci sono l'imprenditore Augusto Bianchini, la moglie e il figlio e l'ex viceprefetto e capo di gabinetto della prefettura modenese, Mario Ventura, sono accusati, a vario titolo, di rivelazione di segreti d'ufficio e di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o dello stato.
È Invece caduta la contestazione dell'aggravante del metodo mafioso, come peraltro richiesto dalla stessa Ronchi. Come parti civili, infine, erano già state ammesse a luglio la regione emilia-romagna, libera, cgil emilia-romagna, camera del lavoro di modena e fillea-cgil di modena.
Ricostruzione post terremoto
Rinvio a giudizio per 11 persone tra cui Augusto Bianchini e l’ex viceprefetto Mario Ventura.
20 gennaio 2020 - Ultimissime Modena
Ricostruzione post terremoto. Qualcuno all’interno della Prefettura di Modena informò la ditta Bianchini sul rigetto delle proprie istanze per tornare nella white list e poter lavorare. Al centro della vicenda, anche l discusso reintegro della ditta Fratelli Baraldi e la posizione della società di investigazione Safi, a cui le due aziende edili avrebbero versato soldi per tornare nella white list. Il Gup di Bologna ha disposto il rinvio a giudizio per 11 persone tra cui Augusto Bianchini e l’ex viceprefetto Mario Ventura.
Tra le accuse, rivelazione di segreti d’ufficio e minaccia a un corpo politico; cade l’aggravante del metodo mafioso. Il processo comincerà a Modena il 28 maggio.
Talpe in prefettura a Modena per le white list: 11 rinvii a giudizio
di Redazione - 20 gennaio 2020 - La Pressa
Tra questi l'ex viceprefetto Ventura. La posizione processuale di Giovanardi al momento è sospesa, in attesa che il Senato si pronunci sull'autorizzazione
Sono state rinviate a giudizio tutte le 11 persone coinvolte nella vicenda, in sostanza una costola del processo Aemilia, delle presunte talpe che, qualche anno fa in Prefettura a Modena, avrebbero informato la ditta Bianchini sul rigetto delle proprie istanze per tornare in white list nell'ambito della ricostruzione post-sisma 2012. In ballo ci sono sia il discusso reintegro dell'altra ditta coinvolta, la fratelli Baraldi, nel periodo di passaggio di consegne tra due prefetti, sia la società di investigazioni Safi, a cui le due aziende edili, come emerso, avrebbero versato soldi per tornare in white list.
I rinvii a giudizio sono stati disposti oggi dal gup di Bologna, Domenico Truppa, che ha accolto le richieste del pm Beatrice Ronchi, e il processo inizierà a Modena il 28 maggio. Nell'inchiesta è coinvolto anche il senatore Carlo Giovanardi, che assieme ad alcuni funzionari della Prefettura avrebbe esercitato pressioni per favorire il reinserimento nella white list di una ditta dei Bianchini considerata infiltrata dalla 'ndrangheta.
La posizione processuale di Giovanardi, comunque, al momento è sospesa, in attesa che il Senato si pronunci sull'autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Gli 11 imputati, tra cui ci sono l'imprenditore Augusto Bianchini, la moglie e il figlio e l'ex viceprefetto e capo di gabinetto della Prefettura modenese, Mario Ventura (nella foto), sono accusati, a vario titolo, di rivelazione di segreti d'ufficio e di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o dello Stato. È invece caduta la contestazione dell'aggravante del metodo mafioso, come peraltro richiesto dalla stessa Ronchi. Come parti civili, infine, erano già state ammesse a luglio la Regione Emilia-Romagna, Libera, Cgil Emilia-Romagna, Camera del lavoro di Modena e Fillea-Cgil di Modena.
Pressioni per la white list, 11 persone a processo tra cui i Bianchini di San Felice
20 gennaio 2020 - Sul Panaro
Pressioni per entrare nella white list, 11 persone a processo tra cui i Bianchini di San Felice. È l’esito dell’udienza preliminare del nuovo filone del processo Aemilia sulle infiltrazioni mafiose nella ricostruzione post sisma, tenutasi a Bologna.
È stato deciso il rinvio a giudizio per 11 persone accusate a vario titolo di rivelazione di segreti d’ufficio e violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo e dello stato, ma in questo caso è già stata stralciata l’aggravante del metodo mafioso. Il Gup di Bologna, Domenico Truppa, ha disposto 11 rinvii a giudizio, come chiesto anche dalla pm Beatrice Ronchi, per altrettante persone coinvolte nella vicenda delle presunte ‘talpe’ che, in Prefettura a Modena, avrebbero informato la ditta Bianchini sul rigetto delle proprie istanze per tornare nella white list, nell’ambito della ricostruzione post terremoto del 2012.
Al centro della vicenda anche il discusso reintegro della ditta fratelli Baraldi e la posizione della società di investigazione Safi, a cui le due aziende edili avrebbero versato soldi per tornare in white list. Tra gli 11 imputati – riepiloga l’Ansa- figurano l’imprenditore Augusto Bianchini, la moglie e il figlio e l’ex viceprefetto e capo di gabinetto della Prefettura modenese, Mario Ventura. Le accuse, a vario titolo, sono di rivelazione di segreti d’ufficio e di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o dello Stato. È caduta la contestazione dell’aggravante del metodo mafioso, come chiesto dalla stessa pm. Nell’inchiesta figura anche l’ex senatore Carlo Giovanardi che, secondo l’accusa, avrebbe fatto pressioni sulla Prefettura di Modena al solo fine di fare ammettere nella white list la Bianchini, in modo da farla partecipare agli appalti della ricostruzione del sisma. La posizione di Giovanardi però è al momento sospesa, in attesa che il Senato si pronunci sull’autorizzazione a procedere nei suoi confronti.
Il processo comincerà a Modena il 28 maggio. Lo scorso luglio erano state ammesse parti civili la Regione Emilia-Romagna, Libera, Cgil Emilia-Romagna, Camera del lavoro di Modena e Fillea-Cgil di Modena.
White list, udienza il 28 maggio Alla sbarra anche Mario Ventura
3 marzo 2020 - Resto del Carlino
Il processo legato all’inchiesta sulla white list entra nel vivo. E’ prevista per il 28 maggio la prima udienza del procedimento che vede alla sbarra l’ex viceprefetto Mario Ventura e altri dieci imputati. Essendo caduta infatti l’aggravante del metodo mafioso, il processo non si svolgerà a Bologna bensì a Modena. Indagati a vario titolo funzionari dello Stato e imprenditori per aver cercato, con pressioni e minacce - secondo le accuse -, di far rientrare la Bianchini Costruzioni di San Felice nella white list da cui era stata esclusa nel 2013 per interdittiva antimafia. Affronteranno quindi il processo, oltre a Ventura Augusto Bianchini, la moglie Bruna Braga e il figlio Alessandro, Giuseppe De Stavola all’epoca funzionario dell’Agenzia delle dogane di Campogalliano, l’avvocatessa Giancarla Moscattini, Daniele Lambertucci, dipendente della Prefettura e Ilaria Colzi, Alessandro Tufo, Giuliano Michelucci, Giulio Musto della Safi.
20 marzo 2020 - La Pressa
Caduta l'aggravante del metodo mafioso si sposta da Bologna in tribunale a Modena la vicenda processuale. Alla sbarra la famiglia Bianchini e l'ex viceprefetto
Udienza fissata il 28 maggio in tribunale a Modena, per gli 11 imputati nel processo legato all'inchiesta sulla white list delle ditte coinvolte nella ricostruzione post sisma. Le accuse, a vario titolo riguardano imprenditori (Augusto Bianchini, titolare della Bianchini costruzioni, insieme alla moglie e al figlio), funzionari statali (l'ex Viceprefetto di Modena ed un ex funzionario dell'Agenzia della Dogane di Campogalliano), e fanno a riferimento, in base all'accusa, a presunte pressioni, avvenute tra il 2014 ed il 2015 per fare rientrare la Bianchini Costruzioni di San Felice nella white list (la lista creata dalla Prefettura sulla base della legge nazionale comprendente le imprese autorizzate a lavorare nella ricostruzione post-sisma) dalla quale la stessa era stata esclusa nel 2013 per interdittiva antimafia. La Bianchini Costruzioni, venne direttamente coinvolta nel processo Aemilia.
Ma le indagini preliminari hanno escluso l'utilizzo o comunque l'esistenza del metodo mafioso, portando di fatto allo stralcio di un filone di inchiesta a sé rispetto Aemilia che a questo punto non riguarda più il processo sull'Ndrangheta in Emilia-Romagna, ma un processo a sé riportato sul territorio modenese dove i fatti contestati si sarebbero verificati ed i soggetti coinvolti operavano
Gli 11 imputati sono accusati quindi, a vario titolo, di rivelazione di segreti d’ufficio e di minaccia a un corpo politico. Indagato nell'inchiesta anche l'ex senatore Carlo Giovanardi, ma per lui posizione e procedimento sono stati sospesi in attesa del parere sull'utilizzo di alcune intercettazioni.
Affronteranno quindi il processo, oltre all'ex viceprefetto Mario Ventura Augusto Bianchini, la moglie Bruna Braga e il figlio Alessandro Bianchini, anche Giuseppe De Stavola all’epoca funzionario dell’Agenzia delle dogane di Campogalliano, l'avvocatessa di Fiorano Giancarla Moscattini, Daniele Lambertucci, dipendente della Prefettura, Alessandro Tufo, Giuliano Michelucci, Giulio Musto.