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GRIMILDE

LE UDIENZE PRELIMINARI

RASSEGNA STAMPA DELL'UDIENZA

lunedì 8 giugno 2020

Grimilde, il giudice non ha dubbi «È un processo di mafia, resta qui»
Gazzetta di Reggio 9 giugno 2020

L’aggravante mafiosa c’è e radica il processo dove ha competenza la Direzione distrettuale antimafia. Quindi la sede del processo è e resta Bologna. Ha risolto così, rigettando tutte le eccezioni – tranne due capi d’imputazione legati a fatti corruttivi – il giudice per l’udienza preliminare Sandro Pecorella, che rimanda eventuali rivisitazioni in sede di discussione.


Il giudice ha poi emesso l’ordinanza ammissiva per i riti abbreviati, chiesti da molti degli 82 imputati. Circa l’80 per cento di loro ha puntato infatti su riti alternativi, concessi dal giudice durante l’udienza di ieri nell’aula bunker del carcere della Dozza. Sul rito abbreviato (con sconto di pena di un terzo) hanno puntato figure di primo piano nei processi di ’ndrangheta come il boss Nicolino Grande Aracri, Alfonso Diletto, così come uno degli imputati più sotto i riflettori di questo procedimento, come Salvatore Grande Aracri e altri suoi familiari.

Rispetto alla scelta di quest’ultimo, hanno agito diversamente il padre (Francesco Grande Aracri) e il fratello Paolo, che replicheranno alle accuse ma nell’ottica di un rito ordinario. Per chi ha scelto quest’ultima strada, bisognerà attendere il rinvio a giudizio, richiesto ieri dal pm Beatrice Ronchi per tutte le posizioni. Diverse anche le richieste di patteggiamento, ma da parte degli accusati di essere dei prestanome del clan.

In pratica il processo ora si biforca: da una parte i riti abbreviati, con la prossima udienza fissata per il 17 giugno e sentenza prevista dopo l’estate. Diverse le richieste presentate per interrogatori e attesa per eventuali dichiarazioni spontanee.

L’altro troncone è quello legato invece al dibattimento, che sarà fissato una volta giunti gli eventuali rinvii a giudizio.

Il processo davanti al gup sembra quindi procedere spedito nonostante le gravi accuse che pendono su Francesco Grande Aracri e sui figli. Secondo gli investigatori erano a capo del gruppo criminale, i cui appartenenti sono responsabili a vario titolo di associazione di stampo mafioso, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento e truffa aggravata. In carcere è finito anche il presidente del Consiglio comunale di Piacenza, Giuseppe Caruso, di Fratelli d’Italia, che secondo il gip «ha un ruolo non secondario nella consorteria». «Il coinvolgimento personale di Caruso risale a quando era dipendente dell’Agenzia delle Dogane di Piacenza – aveva spiegato il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato – non riguarda il suo ruolo politico». In carcere erano finiti anche Claudio Bologna, i fratelli Albino e Giuseppe Caruso per l’appunto, Antonio e Francesco Muto (classe 1967), Domenico Spagnolo, Giuseppe Strangio, Pascal Varano (vicino a Salvatore) e il commercialista del clan Leonardo Villirillo. Gregorio Barbiero e Manuel Conte sono invece ai domiciliari. Dopo l’arresto dei Grande Aracri a Brescello, le loro abitazioni in via Pirandello e via Breda Vignazzi sono state confiscate dal questore di Reggio Emilia dopo una battaglia giudiziaria iniziata nel 2018.

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