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GRIMILDE

LE UDIENZE PRELIMINARI

RASSEGNA STAMPA DELL'UDIENZA

lunedì 15 giugno 2020

Grimilde, il giudice non ha dubbi «È un processo di mafia, resta qui»
Si entra nel vivo: 43 imputati all’abbreviato, 8 patteggiano e 31 all’ordinario. I rinviati a giudizio saranno processati a Reggio

Gazzetta di Reggio 15 giugno 2020 - di Tiziano Soresina

In tempi rapidi si è “frantumata” in tre filoni processuali l’udienza preliminare legata all’operazione antimafia Grimilde della Dda di Bologna, esplosa nel giugno dello scorso anno e con Brescello nel mirino.

Come prevedibile, dominano le scelte rivolte ai riti alternativi da parte degli 82 imputati (quattro si sono aggiunti dopo essere stati coperti in fase iniziale da omissis) che stanno seguendo le udienze in videoconferenza (26 sono in carcere – alcuni per altri motivi – e risultano collegati dai penitenziari di mezza Italia) oppure in stato di libertà.

Riti alternativi – con sconto di pena di un terzo – riguardanti 43 imputati che puntano al giudizio abbreviato (parecchi hanno ottenuto di essere interrogati e ciò avverrà per lo più dal 22 luglio in avanti), mentre 8 al patteggiamento.

Rito ordinario, invece, per i rimanenti 31 imputati che, in caso di rinvio a giudizio, saranno poi processati in tribunale a Reggio Emilia.

Sul rito abbreviato si sono incanalate figure di primo piano nei processi di ’ndrangheta come il boss Nicolino Grande Aracri, Alfonso Diletto, oppure uno degli imputati più sotto i riflettori di questo procedimento come Salvatore Grande Aracri ed altri suoi familiari. Rispetto alla scelta di quest’ultimo, hanno agito diversamente il padre (Francesco Grande Aracri) e il fratello Paolo che replicheranno alle accuse ma nell’ottica – in caso di rinvio a giudizio – di un rito ordinario. Sono per lo più accusati di essere dei prestanome del clan gli imputati che tramite i propri difensori hanno già “concordato” la pena con il pm Beatrice Ronchi, ma che ora devono attendere la decisione del gup Sandro Pecorella.

La sentenza è prevista nel prossimo autunno.

Partite le demolizioni delle case abusive dei Grande Aracri

Gazzetta di Reggio 24 giugno 2020

CROTONE - Sta entrando nel vivo la demolizione di edifici realizzati su un'area di inedificabilità assoluta perché noto sito archeologico calabrese (Capo Colonna). L'intimazione ai fini di sgombero ha raggiunto cinque membri della famiglia Grande Aracri (tre residenti a Cutro e due a Brescello). È stato infatti approvato il progetto esecutivo del primo stralcio di lavori di demolizione dei manufatti abusivi. Le abitazioni, cinque immobili ad un piano fuori terra, sono state realizzate a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta su un'area del promontorio ad inedificabilità assoluta. Il Comune di Crotone procederà agli abbattimenti di tasca propria mettendo a disposizione 108mila euro, "atteso che l'attivazione del fondo apposito istituito presso la Cassa depositi e prestiti - si legge nel provvedimento - comporterebbe ulteriore dilazione dei tempi, esponendo al rischio dell'insorgere dei nuovi contenziosi". La storia di quelle casette di tetti rossi di proprietà di membri della famiglia Grande Aracri è infatti costellata di ricorsi al Tar, due dei quali, riferiti ad altrettanti immobili, ancora in corso. Ma se per questi ultimi il Comune ha sospeso "temporaneamente i relativi procedimenti nelle more dei pronunziamenti giudiziari relativi", per le restanti tre abitazioni ha dato il via, dopo il fermo imposto dall'emergenza sanitaria, agli "adempimenti conseguenziali" per la demolizione, riservandosi di chiedere a lavori eseguiti il conto a ciascun abusivo. Tutto ciò si colloca in un attacco frontale senza precedenti alla cosca Grande Aracri: accuse, sequestri, procedimenti che portano a ramificazioni della cosca 'ndranghetista in mezza Italia, dalla Calabria fino ad alcune regioni del Nord. E in una fase storica in cui colui che è considerato dagli inquirenti il capoclan - cioè il 61enne Nicolino Grande Aracri - è in carcere da tempo con sulle spalle una definitiva condanna all'ergastolo (per l'omicidio del boss rivale Antonio Dragone nel 2004) e altri processi ancora da affrontare.

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