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inizio

AEmilia

udienza nr. 21

rito ordinario - primo grado

giovedì 7 luglio 2016

RACCONTO DELL'UDIENZA

​ore 9.50. Inizia l’udienza.

 

Maresciallo Giovino Giuseppe - Carabinieri di Guastalla

Maresciallo Tagliamonte - Nucleo Investigativo di Reggio Emilia

Menozzi Dimitri

Bonifazio Deodata

Bonifazio Giuseppina Moraika

Bonifazio Domenico

Blasco Gaetano - dichiarazioni spontanee

Cipriani Pietro

Fiumano’ Emilia

Namiri Noura

PRESIDENTE CARUSO: La scorsa volta gli imputati si sono opposti allo  sciopero degli avvocati. Questa volta ho saputo che forse non c’è questa  uguale disponibilità. Io mi permetto di osservare che noi potremmo  trovare una soluzione di compromesso. Io darei ampio spazio agli  avvocati difensori di manifestare il loro disagio in questa aula con la  presenza anche della stampa. Non è con l’astensione silenziosa che si  ottiene qualcosa. E’ giusto dare ampio spazio alla protesta ma, allo  stesso tempo, andare avanti con il dibattimento.
 

Entra in aula il Maresciallo Giovino Giuseppe, Carabinieri di Guastalla.
Incendio del 6 novembre 2012 ai danni della ditta Bonifazio Trasporti  SRL alle ore 23 all’interno della ditta di Reggiolo, si sviluppa un  incendio di grandi dimensioni. Il primo intervento non consentiva di  effettuare rilievi, ci siamo limitati a fotografare la situazione.
Vengono mostrate in aula le foto dell’incendio.
I vigili del fuoco intervengono sui 9 mezzi bruciati all’interno  della ditta. Noi siamo stati allertati dalla Centrale Operativa, un  passante che aveva visto le fiamme e ha chiamato le forze dell’ordine.   Vengono mostrate in aula le foto di due camion che sono un po’ più  distaccati dagli altri. I camion presentano tutti lo stesso tipo di  danneggiamento: dalla parte anteriore a posteriore.
La distanza tra i 7 camion allineati e gli altri due distanti decine di  metri. Per noi era un segnale della dolosità dell’incendio. Abbiamo  fatto rilievi e inviati ai RIS per capire gli innesti usati per  l’incendio.
Parte l’indagine con intercettazione telefoniche che riguardano la  famiglia Bonifazio. Bonifazio Domenico era in Kenya, la prima persona  che ci raggiunge sul posto è la figlia Moraica . L’8 novembre, due  giorni dopo, registriamo una telefonata in cui la figlia viene  contattata da Mantella Salvatore, rivenditore di mezzi pesanti a  Catanzaro che mostrandosi dispiaciuto per l’accaduto facendosi portavoce  da parte di Giglio Giuseppe per prestare camion all’azienda di  Bonifazio. La figlia chiama il padre,  Bonifazio Domenico, e comunica questa offerta di camion e la ragazza  pone l’accento sull’insistenza con la quale Mantella si è proposto,  mandato da Giglio Giuseppe. In una conversazione Mantella e Giglio  commentano l’accaduto. Giglio dice a Mantella che avendo una conoscenza  superficiale di Bonifazio, dice a Mantella di chiedergli se vuole dei  camion. Queste le prime conversazioni intercettate. Bonifazio Domenico  riceve attestati di solidarietà. Anche da Lamanna Antonio, padre di  Francesco.
Abbiamo intercettato altre conversazioni. In una conversazione tra  Deodata e Moraica (sorelle, figlie di Bonifazio Domenico), la prima dice  “sanno nomi e cognomi, capito? Ti manderò un fax”
Viene letto in aula il fax:
“SO FRANCO HA INCONTRATO Nicolino S. e  Blasco – come l’hanno visto si sono avvicinati – e gli hanno detto che  devono vedere papà. Franco gli ha detto di no per il momento che è  peggio per loro. Franco gli ha detto il messaggio che gli ha mandato  papà a Nicolino e gli ha detto che papà sa che non sono stati loro. Gli  hanno detto se si possono vedere con papà. A Brescia Franco gli ha  risposto che l’avrebbe detto a papà. Franco gli ha spiegato che loro  sanno dell’incontro con Natale e quindi di stare lontano. SO avvisa papà  che a riprendere le immagini adesso ci sono i satelliti e quindi in  qualsiasi parte si vedono vengono ripresi.”
(SO sta per “sorella”)
 

Inizia il CONTROESAME l’avvocato difensore di Blasco Gaetano
AVV: Le foto degli automezzi bruciati di che giorno sono?
mar. Giovino: Quelle che ho  mostrato sono delle prime ore del 7. Il secondo giro di foto il 15  novembre. Sempre il 15, nella relazione abbiamo specificato i rilievi e  inviati ai RIS.
AVV:  Il cantiere è stato sequestrato?
mar. Giovino: Si, lo so dalla lettura degli atti.
AVV:  Quando?
mar. Giovino: Non lo so. Ma il secondo intervento è del 15, quindi suppongo che sia stato posto sotto sequestro la mattina del 7.
AVV:  Sa se i Vigili del fuoco si sono espressi formalmente?
mar. Giovino: Conosco l’esito delle attività dei vigili del fuoco.
AVV:  Ha dato lettura di un fax pochi minuti prima. Questo è il prodotto  delle attività di intercettazione, è stata da Lei realizzata o dai suoi  colleghi, altra attività investigativa in relazione a questo fax?  Rispetto a questo fax avete fatto altri accertamenti?
mar. Giovino: Che io sappia no.
Termina la deposizione del Maresciallo Giovino Giuseppe.

Incendio doloso a Reggiolo, dati alle fiamme 9 camion

Il rogo alle 3.30 di ieri notte in un’azienda di autotrasporti con sede a Cutro, di proprietà di Domenico Bonifazio

Gazzetta di Reggio 07 Novembre 2012

REGGIOLO - Sono nove i camion andati distrutti nella notte di ieri, consumati dalle fiamme di un rogo che doloso. E’ accaduto a Reggiolo, in un’area rurale di via Aurelia. Obiettivo dell'azione criminale una società di autotrasporti con sede legale a Cutro. Sul caso indagano carabinieri e Procura. Forti sospetti su ambienti legati alla criminalità organizzata.

Dati alle fiamme 9 camion

Il racket dietro l’attentato a una ditta di movimento terra di proprietà di un cutrese

Gazzetta di Reggio di Elisa Pederzoli 09 Novembre 2012

REGGIOLO. Sono le 23.30 circa di martedì quando il buio della campagna di Reggiolo è squarciato dal bagliore di fuoco e fiamme. Nel cortile di una corte contadina trasformata in un parcheggio di mezzi pesanti, sono le cabine di nove mezzi a bruciare. Ma non è un incendio accidentale: quelle fiamme sono dolose, qualcuno ha volontariamente appiccato il fuoco. Ed è l'ombra del racket, della malavita organizzata a farsi sempre più consistente.

L'incendio. Siamo in strada Aurelia: una carraia non asfaltata e privata, che parte dalla provinciale 5, gira parallela al cavo Fiuma per uscire a ridosso del centro del paese. Impossibile passarci per caso: chi giunge qui lo fa secondo una precisa intenzione. A lanciare l'allarme sono gli abitanti di alcune case vicine. Sono pochi gli abitanti che vivono in questa zona, con abitazioni l'una distante dall'altra. Ma i boati sono fortissimi e ripetuti, sembrano bombe. Fanno paura. E ben presto, anche da lontano, il fuoco è una luce che non si può ignorare: le fiamme, alte e minacciose, svettano mentre divorano, uno a uno, tutti i mezzi.

La centrale operativa dei vigili del fuoco invia i suoi mezzi. L'incendio è ingente e il materiale che arde è altamente infiammabile e continua ad alimentare il fuoco. Per riuscire a domare quell'inferno ci vogliono una ventina di uomini, arrivati dalla centrale di Reggio e dai distaccamenti di Guastalla e Carpi: in tutto, ci sono 3 Aps, 3 autobotti e un carro-schiuma. Lavorano incessantemente per almeno tre ore.

Immediatamente, l'allarme arriva anche al 112. Sono gli uomini della stazione di Novellara ad arrivare sul posto. Per i primi cruciali accertamenti. Ma è evidente anche a occhio nudo che dietro a quegli incendi c'è la mano di qualcuno.

Il dolo. Di fronte a quei nove mezzi andati alle fiamme, non c'è infatti nemmeno modo di ipotizzare che ci si possa trovare di fronte a un guasto elettrico, a un problema tecnico. Perché se è vero che sette camion erano parcheggiati l'uno parallelo all'altro, e dunque a distanza ravvicinata, l'ottavo e il nono no: erano a oltre 50 metri dal gruppo. E anch’essi avevano la motrice divorata dalle fiamme.

Il primo naturale sospetto, dunque, è che qualcuno abbia raggiunto la cascina - disabitata - abbia utilizzato del liquido infiammabile, lo abbia cosparso sulle motrici e poi abbia appiccato il fuoco. Non risparmiando nemmeno un muletto, che era posteggiato poco lontano dai mezzi pesanti. Ma non sono che le prime congetture. Per formulare ragionamenti più completi ed esaustivi bisognerà attendere la perizia dei vigili del fuoco e gli accertamenti dei carabinieri incaricati degli accertamenti scientifici: sul posto, infatti, è stato fatto intervenire anche il Nucleo Operativo direttamente dalla compagnia di Guastalla.

I proprietari. Nel frattempo i carabinieri riescono a rintracciare i proprietari dei mezzi. Lo fanno attraverso le targhe posteriori dei veicoli, quelle sì risparmiate dal fuoco. I militari scoprono così che si tratta dei camion di un'unica ditta, la Bonifazio Autotrasporti. Una società che ha sede legale in via Euclide 61 a Cutro in provincia di Crotone. Un’attività che a fine 2011 risulta di proprietà al 95% di Domenico Bonifazio, mentre il restante 5% è di Giuseppina Moraika Bonifazio e che dichiarava un fatturato poco inferiore al milione di euro, un una leggera perdita a bilancio e debiti risicati.

Alcuni componenti della famiglia, impiegati nella stessa attività, arrivano sul posto non appena allertati dai carabinieri. C'è anche la figlia del titolare. Di fronte a tanta devastazione, alle carcasse scarnificate dei camion, all'odore pungente di copertoni e resine bruciate sui loro volti è evidente lo shock e lo sconforto. Il danno è infatti ingentissimo. «Si va da un minimo di 20mila euro a un massimo 70mila circa, per ogni mezzo» ci spiega uno di loro. Facendo due conti, non è azzardato stimare che ad andare in fiamme sia stato un valore pari a circa 500mila euro. «Domani non venite al piazzale» si affretta a comunicare via cellulare uno dei Bonifazio ai dipendenti, che rimarranno giocoforza a casa, in attesa di sapere quale sarà il destino dell’azienda. Gli ingenti danni e la mancanza di automezzi bloccherà per lungo tempo l’attività, contro la quale è stato messo a segno un probabile attentato che ne mina al momento la continuità.

Davanti ai carabinieri i responasbili dell’azienda e i loro parenti manifestano tutta la loro incredulità e lo sgomento per quello che è accaduto. Ñessuno di loro, infatti, sembrava aspettarsi un evento del genere, la cui dinamica verrà ora messa sotto la lente dalla Dda di Bologna, la direzione investigativa antimafia, che affiancherà il procuratore.

Non appena farà giorno, lo spettacolo sarà ancora più desolante. E diventeranno sempre più impellenti gli interrogativi ai quali l'intera società reggiana dovrà trovare risposte, su cosa sta succedendo a questo territorio.

 

«Mai ricevuto alcuna minaccia»

Barillari, cognato del titolare, conferma il dolo: «Tremenda sorpresa, volevano colpire i trasporti»

di Mauro Pinotti - Gazzetta di Reggio 09 Novembre 2012

REGGIOLO. «Siamo in paese di m… Mio suocero non ha mai ricevuto minacce. Non so chi possa essere stato. C’è gente stupida in giro». Così si è espresso, tagliando corto, Antonio Barillari, genero di Domenico Bonifazio, titolare della ditta autotrasporti di via Aurelia a Reggiolo, al quale ignoti hanno incendiato e distrutto 9 autoarticolati adibiti al trasporto sabbia e ghiaia. Un commando, venuto da chissà dove, che ha preso di mira le motrici dei mezzi appiccando il fuoco con materiale infiammabile alle sole cabine per renderle completamente inutilizzabili. Lo scopo dei criminali era quindi di bloccarne totalmente l’attività. Sembra, inoltre, che la famiglia Bonifazio non sia neppure assicurata. «Mio suocero mi ha chiamato all’una di notte per dirmi cos’era successo e mi sono subito precipitato lì - racconta Barillari - quando siamo arrivati in azienda tutti i camion erano già in fiamme. L’altro mio suocero aveva chiuso il cancello intorno alle 23.15 senza notare niente di strano. Da quello che mi hanno detto i carabinieri non ci sono segni di scasso o forzatura del cancello. Quindi devono essere entrati in un altro modo».

Barillari conferma quindi in modo esplicito che le fiamme sono state appiccate da un gruppo di persone, giunte sul posto qualche minuto dopo che l’ultima persona presente in azienda aveva chiuso il cancello di entrata, assicurandosi che fosse tutto in ordine. Le cose, però, di lì a pochi minuti, sono letteralmente cambiate. «Si è trattato quasi certamente di un incendio doloso» spiega l’uomo, rivelando poi che «uno dei nove camion incendiati era mio. I mezzi primi mezzi che hanno preso fuoco erano distanti decine di metri dagli altri. Chi può essere stato? Non ne ho idea, per noi è stata una tremenda sorpresa. In questo periodo non c’era tanto lavoro ma non abbiamo mai avuto problemi. L’incendio ha mandato in fumo anche un muletto. È stata risparmiata solo una pala meccanica. Segno, probabilmente, che volevano colpire l’attività di trasporto».

Secondo i familiari, la possibilità che si tratti di ritorsioni sono prossime allo zero. Il modo in cui è stato però perpetrato il crimine, lascia pochi dubbi sull’approccio certamente criminale, utilizzato da professionisti, in grado di agire in pochi minuti causando il massimo danno possibile.

«C’è crisi e poco lavoro. Mio suocero – ha spiegato ancora Barillari - accettava commesse saltuarie. Dove gli chiedevano di andare lui andava». E alla domanda di un presunto racket su trasporti, Barillari risponde senza indugi: «Niente di tutto questo. Non ha mai avuto problemi con nessuno». Nel cortile della cascina di via Aurelia, però, restano le carcasse dei camion bruciati. L’intera area è stata posta sotto sequestro dai carabinieri di Reggiolo che indagano sull’episodio insieme ai colleghi della scientifica della compagnia dei carabinieri di Guastalla.

La matrice del rogo sembra avere l’aspetto di un vero e proprio avvertimento mafioso. Se sia in atto o meno una faida tra rivali potranno dirlo solo gli inquirenti che hanno esteso le indagini anche agli ambienti mafiosi. La memoria recente riporta alle guerre tra le 'ndrine delle famiglie cutresi Grandi Aracri, alleati ai Nicosia contro i Dragone o gli Arena, che si contendevano il controllo dei cantieri e degli appalti pubblici lungo tuttala provincia reggiana.

Antonio Barillari è a sua volta titolare di un’azienda di trasporti che ha sede in via Villa Inferiore, a pochi metri dall’abitato di Palidano, tra Suzzara e Gonzaga, nel mantovano. Barillari ha legato quindi i suoi affari a quelli del suocero, lasciandosi alle spalle i guai passati con i sindacati, che l’avevano tacciato di comportamento antisindacale. «Mio suocero lavora a Reggio da 13 anni - aggiunge Barillari - prima l’attività era giù in Calabria. Speriamo si risolva tutto per il meglio».

«Il rogo? E’ opera di gente stupida»

Il genero dell’imprenditore colpito ribadisce: «Forse è stato solo per invidia»

di Mauro Pinotti - Gazzetta di Reggio 10 Novembre 2012

REGGIOLO. Nonostante il clamore della notizia, le dichiarazioni degli investigatori che, in riferimento al rogo doloso alla Bonifazio autotrasporti, parlano di intimidazione mafiosa, per Antonio Barillari, genero di Domenico Bonifazio, l’incendio dei nove camion è opera di «gente stupida». Contattato telefonicamente, Barillari ha poi aggiunto: «Non si sa ancora nulla. Non posso dire niente. Sarà compito degli investigatori stabilire la realtà dei fatti. Ribadisco: mio suocero non ha ricevuto nessun tipo di minacce. Lavora su linee fisse: effettua viaggi al porto di Ravenna, carica il materiale e lo trasporta a Sassuolo (Modena). E senza disturbare nessuno. Per questo non mi spiego chi possa avercela con lui. Il lavoro è scarso e lui andava sempre dove lo chiamavano. Forse proprio per il fatto che comunque un po’ di lavoro ce l’aveva, qualcuno, forse per invidia, ha combinato questo disastro».

Antonio Barillari non vuol sentir parlare di faide ’ndrine, di racket dei trasporti, non accenna alla parola mafia o alla lotta tra le potenti famiglie cutresi che si contendono il controllo dei cantieri edili e degli appalti pubblici tra il Mantovano e il Reggiano. I 500mila euro di danni arrecati all’azienda del suocero, che hanno azzerato ogni tipo di attività di trasporto, per Barillari sono poco più che «un dispetto». E ora che farà? «Non lo so ancora – dice sconsolato – non ne ho la più pallida idea». Dentro la cascina di via Aurelia restano solo le carcasse dei camion, che presto saranno portate via e rottamate. Domenico Bonifazio, a detta del genero, non era neppure assicurato.

Entra in aula il teste, il Maresciallo Tagliamonte, Nucleo Investigativo di Reggio Emilia
PM: Perquisizione con sequestro negli uffici della Bonifazio? Documenti acquisti?
mar. Tagliamonte: Effettuata una perquisizione negli uffici della ditta e nell’abitazione  del Bonifazio per acquisire la documentazione contabile della ditta  degli ultimi 5 anni da cui non è arrivato nulla di interesse in  relazione all’incendio.
Contatti Giglio e Bonifazio. Si accerta un subentro da parte di  Bonifazio per un lavoro di trasporto aggiudicata dalla ditta di Giglio.

 

Non abbiamo potuto installare il materiale per le intercettazioni in  casa Bonifazio a causa delle attenzioni costanti dei parenti. Una sorta  di guardiania che ci ha impedito di installare il materiale per  effettuare le intercettazioni ambientali.
Dialoghi tra i famigliari Bonifazio. L’intera indagine è stata  caratterizzata da un clima di omertà della famiglia. Si percepiva dal  tono delle conversazioni. Alcune, soprattutto successive all’invio del  fax dove vengono richiamatele persone che colloquiano a telefono ad  affrontare alcuni argomenti di persona e non per telefono.

 

24 novembre 2012. Conversazione intercettata tra Bonifazio Deodata e la  madre (figlia e moglie di Bonifazio Domenico) dove si parla del  nervosismo di Bonifazio Domenico nell’affrontare determinati argomenti,  se non faccia a faccia.
Termina la deposizione del Maresciallo Tagliamonte, Nucleo Investigativo di Reggio Emilia.
 

Entra in aula il teste, Dimitri Menozzi.
Dal 2009 ho attraversato un periodo di difficoltà finanziaria e avevo  una posizione debitoria. Ho avuto problemi a causa di mancati incassi e  si cercava di raccogliere soldi per cercare di pagare queste situazioni  debitorie con le banche che mi hanno pignorato quasi tutto. Lavorando si  cercava di pagare.


Piccola parentesi per capire di cosa si sta parlando in aula:
(FONTE: ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI COERCITIVE):
Capo 59 - SARCONE Nicolino, SILIPO Antonio, SILIPO Luigi, BLASCO Gaetano, FRIZZALE
Antonio e TOSTONI Michele in concorso tra loro, con violenza e minaccia  costringevano MENOZZI Dimitri, adducendo a pretesto un debito contratto  dal medesimo nel 2008 con FRIZZALE Antonio e TOSTONI Michele, gestori  dell’Area di Servizio Agip (sita in Reggio Emilia via Emilia  all’Angelo), e quantificabile in 10.000 euro, a sottoscriver e favore  dei medesimi venti cambiali, ciascuna dell’importo di 500 euro, per  complessivi 10.000 euro, pur avendo MENOZZI Dimitri già estinto la  propria posizione nei confronti dei due e quindi agendo non avendo alcun  titolo per richiedere il pagamento.Minaccia consistita nella costante  pressione psicologica esercitata da SARCONE Nicolino.
La vicenda che ha interessato Dimitri MENOZZI è paradigmatica del modo  con il quale il sodalizio criminoso si inserisce negli interstizi del  tessuto economico locale attraverso attività di recupero e gestione dei  crediti in sofferenza.
MENOZZI, il 7.7.2012 presentava, a differenza di numerosi altri soggetti parimenti coinvolti, denuncia.
Questi, premesso di essere imprenditore, dichiarava di essersi trovato  debitore della somma di 10.000 € di due soggetti di origini pugliesi,  tali Michele e Antonio, titolari di una stazione di servizio Agip in  Reggio Emilia, via Emilia All’Angelo. Dietro pressione di costore, egli  si risolveva a cedere a tale BOCCONCINO Emilio crediti vantati verso  terzi per la somma di 15-18.000 €, con l’intesa che lo stesso BOCCONCINO  si sarebbe accollato il debito con i due gestori della stazione di  servizio.
 

MENOZZI: E’  intervenuta una persona. Vantando dei crediti e avendo gru presso il  signor Montipò. Queste gru erano andate a chiudere il debito che  derivava dall’affitto di queste gru. Attraverso il signor Bocconcino lui  venne da me e mi disse che dovevo pagare questi debiti io gli dissi che  dovevano darmi questi soldi. Io non ho più saputo nulla e per me il  debito era saldato.
Il signor Bocconcino venne da me e mi disse che dovevo pagare dei  debiti. Io dissi che non avevo soldi ma che il signor Montipò doveva  darmi dei soldi. E per me si misero d’accordo il signor Montipò e  Bocconcino.
Qualcuno mi chiese nuovamente quel denaro. Ci siamo visti una volta nell’area di servizio e poi non ci siamo più visti.
CARUSO: Signor Menozzi mi raccomando, lei deve dire la verità senza scostarsi di un passo.
MENOZZI: Fui chiamato da Luigi Silipo per andare a un appuntamento con il  fratello, Antonio. Ci siamo visti con loro due e con Blasco Gaetano e  Sarcone Nicolino. Ci siamo incontrati e poi sono andati via.
Io avevo delle paure, ma siamo cresciuti insieme con Luigi Silipo,  eravamo in un rapporto di amicizia e mi disse di stare tranquillo ma di  andare a parlare con suo fratello perché c’era un problema per il  distributore Agip.
PM: Primo contatto con Luigi Silipo, lei disse una ai Carabinieri una frase forte.
MENOZZI: non posso confermare ma in quel momento ero molto scosso
CARUSO: Senta, lei è stato sentito dai Carabinieri. Adesso le leggono  ciò che ha dichiarato e lei deve fare uno sforzo per confermare o per  dire che quella dichiarazione è plausibile o no.
PM: Lei disse  “Recentemente, nel mese di maggio 2012. a distanza di circa tre/quattro  anni la vicenda è riemersa in quanto sono stato contattato  dapprima da Luigi SILIPO, fratello di Antonio, il quale mi ha riferito  esplicitamente che alcune persone mi cercavano ed erano dei delinquenti  nonché, se non avessi pagato, mi avrebbero fatto del male, specificando  testualmente che “mi avrebbero rotto la testa”. Nell’occasione, in  quanto adirato per il riaffiorare della problematica, riferendogli che  mi sarei rivolto alle forze di polizia. Luigi SILIPO mi rispondeva che  ormai non era più possibile perché “i contratti erano stati girati  diversamente”, facendo intendere esplicitamente che il debito era stato  “girato”.
MENOZZI: Sì, il succo del discorso era quello.
Quando ho messo giù il telefono con Luigi Silipo, chiamai Antonio, il  fratello, che mi disse di vederci. Ci siamo visti. Non si trovava un  accordo perché io ho detto che non dovevo niente a nessuno soprattutto a  loro che non li conoscevo.
Sono salito in macchina con Antonio Silipo. Poi ci siamo visti con  Sarcone Nicolino e Blasco Gaetano. Ho sottoscritto ai gestori del  distributore 10.000 euro di cambiali. Ho pagato la prima ma poi non  potevo più pagarli.
PM: Lei ha ricevuto minacce?
MENOZZI: Abbiamo avuto  discussioni accese. Poi nessuno mi ha detto “ti ammazzo, ti sparo. Ci  sono problemi da risolvere. Li risolviamo?” Poi ho detto che potevano  andare e non li ho più visti. Sono andati via e io sono rimasto con i  ragazzi del distributore. Abbiamo firmato le cambiali e sono andato via.
PM: Lei ai Carabinieri riferì : “lo faccio per rispetto tuo ma adesso manda via tutti quanti che me la vedo io con i gestori”
MENOZZI: ero intimidito sicuramente. Eravamo in una situazione in cui  c’erano debiti che non si capiva chi voleva riscuoterli. Ad Antonio avrò  detto probabilmente sparatemi subito altrimenti ci penso io a risolvere  la situazione. Il senso era quello.
Non ho più avuto problemi da quel momento. Silipo Luigi l’ho sentito,  visto, perché siamo cresciuti insieme. Ma riguardo a questa situazione  non abbiamo avuto più nessun tipo di problemi
PM: Lei ai Carabinieri  riferì: “il 18 luglio 2012 Silipo luigi mi ha chiamato sul mio  cellulare. Luigi mi ha detto che suo fratello doveva parlare con me per  la cambiale pagata. Mi ha detto che aveva avuto pressioni per le  cambiali non pagate. La sera mi ha chiamato anche Silipo Antonio che mi  ha rimproverato per il mancato pagamento della prima cambiale”
MENOZZI: La prima cambiale l’ho pagata. Poi sono andato da Silipo  Antonio per chiarire. Lui mi ha detto che non voleva saperne niente e  sono andato via.
PM: Quando è andato dai Carabinieri?
MENOZZI: Non sono andato io dai Carabinieri, mi hanno chiamato loro.
PM: Lei ha detto ai Carabinieri: “Chiusa la comunicazione con Silipo  Antonio, ho avvisato lei, maresciallo Melegari dell’appuntamento.  L’indomani alle 12 mi sono portato con il mio furgone a Cadelbosco nel  capannone di Silipo Antonio”.
CARUSO: Ma ha cercato lei i Carabinieri o viceversa?
MENOZZI: Loro hanno seguito la vicenda. La paura che qualcuno potesse far del male alla mia famiglia esisteva.
 

IL PRESIDENTE CARUSO AL TESTE DIMITRI MENOZZI:
Io ho il  dovere di ricordarle che la reticenza è reato. Reticenza significa non  dire quello che si sa e dire “non ricordo” quando invece si ricorda.
 

  • Inizia il controesame del teste, Dimitri Menozzi, da parte dell’avvocato difensore di Blasco Gaetano
     

Pausa pranzo
 

Ore 15.30 riprende l’udienza.
 

Viene ascoltata Deodata Bonifazio.

PM: Perché ha scritto un FAX?
Deodata: Non lo so, perché c’erano delle indagini in corso e mi sono sentita di fare così.
PM: Scrive che Franco, cioè suo marito, avrebbe dato a costoro il messaggio di suo papà. Di cosa si TRATTA?
Deodata: Io non ricordo
PM: Nicolino S. Chi è?
Deodata: Sarcone
PM:  E perché scrisse S.?
Deodata: Ma non lo so, perché ho scritto anche altre cose.
PM: Blasco chi sarebbe?
Deodata: Non lo so, mio marito mi ha detto così. Non so chi sia.
PM: Lei non conosce una persona che si chiama Blasco?
Deodata: Di persona no. Ne ho sentito parlare sui giornali.
 

PRESIDENTE CARUSO: Signora faccia uno sforzo per dire tutto quello che  sa. Cerchiamo di essere più chiari possibile perchè inizia a non convincermi il modo in cui sta iniziando a rispondere.
 

PM: Lei nel fax scrive “Franco gli ha spiegato che loro sanno  dell’incontro con Natale e quindi di stare lontano”. Che significa?
Deodata: Questa cosa non me la ricordo. Questa frase se l’ho scritta è  perché me l’ha chiesto mio marito ma non ricordo in relazione a cosa.
PM: L’11 dicembre 2012, lei viene interrogata. Nel verbale della DDA “ ho sentito parlare di tale Badalamenti”
Deodata: Si, ho sentito parlare di tale Natale Badalamenti. Ma non ricordo bene cosa disse mio marito su questa cosa.
PM: La frase “avvisa papà che a riprendere le immagini adesso ci sono i satelliti” che significa?
Deodata: Di fare attenzione perché potevano essere visti.
 

Inizia il controesame l’avvocato difensore di Blasco Gaetano
AVV: Avete nella vostra famiglia delle parentele con Blasco?
Deodata:  La mia bis-nonna era una Blasco.
Dalla gabbia, in aula, l’imputato Blasco Gaetano spiega la parentela: "lui è cugino del padre della signora Bonifazio Deodata. Il nonno di  Blasco Gaetano è fratello della nonna di Bonifazio Domenico".


Termina il controesame l’avvocato difensore di Blasco Gaetano.
Termina la deposizione della teste, Bonifazio Deodata.
 

Entra in aula la teste, Bonifazio Giuseppina Moraica.
Si torna a parlare del fax che Deodata Bonifazio ha mandato alla sorella Moraica Bonifazio.
PM: L’11 dicembre 2012 disse “precedentemente mia sorella mi ha detto che mi avrebbe mandato un fax”. Dove lo ricevette?
Moraica: A casa.
PM: Ricorda quando lo ricevette?
Moraica: Io l’ho ricevuto, me lo ricordo.
PM: Quando ha visto il fax che fatto?
Moraica:  L’ho letto e l’ho fatto vedere a papà. Perché era una cosa che non era riferita a me.
PM: Le ha chiesto perché le ha mandato un fax e non gliel’ha detto per telefono?
Moraica:  Eravamo impaurite per delle cose che erano successe i giorni prima. La  preoccupazione di aver avuto un incendio di dodici mezzi.
PM: Dodici?
Moraica: Dodici, nove, non ricordo.
PM: Lei da chi si sentiva di doversi tutelare?
Moraica:  Non lo so, sono state cose che essendo sola a casa mi ero trovata con  cose nuove e strane da affrontare. Abbiamo avuto perquisizioni, azienda  sigillata. Forse per voi era il vostro lavoro, ma per noi erano cose nuove.
Moraica Bonifazio: L’azienda che non può più lavorare. Persone nuove che vanno e vengono.  Per me fu difficile gestire tutto questo da sola. Ho capito che mio  cognato aveva incontrato quella gente che voleva parlare con papà. Io  l’unica persona di cui avevo sentito parlare è Natale Badalamenti con  cui abbiamo avuto rapporti di lavoro.
PM: Parliamo di una conversazione che lei ha avuto con sua zia Stella.
Moraica: Il figlio di mia zia venne ucciso. Mia zia faceva  riferimento a questa cosa dicendo che sarebbe stato meglio un’azienda  bruciata, almeno avrebbe avuto ancora suo figlio con lei.
PM (leggendo la conversazione intercettata): “…ci devono distruggere.. io non lo so, l’ha detto quel disgraziato che  ci doveva distruggere e ci sta distruggendo piano, piano”.
Moraica:  Io non l’ho intesa così. Non c’era una persona di  riferimento. Quello che è successo a mia zia è diverso da ciò che è  successo a mia zia. Io l’ho intesa così.
Moraica:  Quando è arrivato il fax, mio papà non era a casa.
PM: Suo padre le disse qualcosa sul fax?
Moraica:  No, non si è espresso.
CARUSO: Signora lei con chi è sposata?
Moraica: Salvatore Arcuri.
CARUSO: Dove è nato suo marito?
Moraica:A Suzzara, però è di origini calabresi
CARUSO: Sua zia come si chiamava?
Moraica: Arabia Stella
CARUSO: E il figlio quando fu ucciso?
Moraica: A Cutro, nel novembre 2011.
CARUSO: Come si chiamava?
Moraica: Carmine Bonifazio, figlio di uno zio di mio padre.
CARUSO: Chi è stato a ucciderlo?
Moraica: Il suo migliore amico.
CARUSO: Come si chiama?
Moraica: Gallo, ma non ricordo il nome.
CARUSO: Perché stato ucciso?
Moraica: Per una donna.
 CARUSO: A lei risultano richieste strane a suo padre prima dell’incendio?
 Moraica: No e ancora oggi non riusciamo a spiegare le motivazioni dell’incendio.
 CARUSO: Blasco chi è?
 Moraica: Non lo so, non conosco.
 CARUSO: Con suo padre ne ha parlato dei camion bruciati?
Moraica:  Si
 CARUSO: Avete fatto ipotesi?
 Moraica: Poco fondate
 CARUSO: Mi dica.
Moraica:  Se poteva essere Badalamenti, era lui a dover dare soldi a noi quindi non può essere stato lui.
 CARUSO: Un’ipotesi alternativa?
 Moraica: Altri grossi problemi non ne abbiamo avuti
CARUSO: Quindi si sono bruciati da soli i camion?

 

Termina la deposizione di Bonifazio Moraica.
 

Entra in aula il padre, Domenico Bonifazio
Domenico Bonifazio ripercorre la vicenda dell’incendio dei camion.
Riferisce della telefonata con la figlia Moraica: “Ci hanno bruciato un  camion?” Mia figlia scoppiando a piangere: “No papà, ci hanno bruciato  l’azienda”. "Tutto incendiato senza sapere dove e perchè.... non sono riuscito a capire il perchè".
 

PM: le faccio la stessa domanda che ho fatto a sua figlia? Lei che cosa ha pensato.
Bonifazio: pensare diventa difficile, non sapevo cosa pensare, dei nemici non me ne sentivo.  Ripensavo per mesi, niente. Ancora oggi mi chiedo essendo meridionale  non ho mai avuto problemi con nessuno di nessun genere.
CARUSO: chi lo accende il fuoco?
PM: lei li aveva assicurati i camion?
Bonifazio:in parte, mi hanno pagato una minima parte
CARUSO: quando ci ha rimesso? quanto le hanno dato? (l’assicurazione)
Bonifazio: 80.000 euro
CARUSO: il valore dei camion
Bonifazio: sui 300.
CARUSO: Quindi lei aveva iniziato delle azioni contro Badalamenti per recuperare il credito. Questo prima dell’incendio?
 BONIFAZIO: Si
 PM: Era stato coinvolto qualcuno?
 BONIFAZIO: Ci siamo trovati con Nicolino Sarcone. Ci conoscevamo dall’infanzia.
 Sarcone mi disse “ti posso aiutare?” E io gli dissi che c’era una  persona che mi doveva dei soldi. Lui mi disse “vuoi una mano?”. Nicolino  allora ha cercato di vedere se poteva fare da paciere per recuperare  questi soldi.
 BONIFAZIO: Io non ho mai ricevuto minacce, bustarelle, niente.
 PM: Li ha detto che non ha mai avuto a che fare con Pino Giglio.
 BONIFAZIO: Mai a che fare direttamente Io lo conosco per nome e se l’ho visto una volta o due sono già tante.
 PM: Lei in sede di interrogatorio ha usato parole dure contro Giglio  dicendo che con “quella gentaglia” non voleva avere nulla a che fare.
 BONIFAZIO: Si, sentivo dire che faceva cose in giro che non mi piacevano.
 PM:  Lei aveva mandato messaggi a Sarcone e Blasco?
BONIFAZIO:No, si   sono trovati con mio genero al bar, erano preoccupati per me, per  compassione e per capire perché proprio a me hanno bruciato i camion.
 PM:  Il fatto della rassicurazione, che si legge sul fax, che non erano stati loro, che significato ha?
BONIFAZIO: Mio genero mi disse che loro non c’entravano nulla. Io ho  detto che non volevo vedere più nessuno e capire perché era successo a  me.
CARUSO: Però visto che lei vuole sapere perché, loro volevano sapere perché, non capisco come mai lei non voleva parlare con loro. Non lo  trovo coerente.
 PM: Se Blasco è suo parente perché non ci vuole avere a che fare. Il fatto che Blasco si fa avanti con suo genero.
 BONIFAZIO: Non si fa avanti, si sono trovati al bar col mio genere e  gli ha offerto un caffè. Ha detto “mio suocero non vuole vedere nessuno  perché è così preso.”
 PM:  Lei non vuole vedere loro…
 BONIFAZIO:No loro, nessuno.
 PM:  Si è fatto presente qualcun altro con lei?
 BONIFAZIO:Eccetto Giglio, Mantella… nessuno. Oltre a loro nessuno si è fatto vivo.
PM:  Qualche altro suo parente?
 BONIFAZIO:Le telefonate sono state … mi chiamava mia mamma, mia zia.
PM: Lei sta citando parecchi particolari rispetto a sua figlia, così  come il contatto con Giglio lo ha avuto lei. Così come l’incontro con  Sarcone lei l’ha detto dopo 8 ore.
La telefonata di “Quel disgraziato…” l’ha ricevuta lei?
BONIFAZIO:No no. Nel nostro dialetto quando qualcuno dice “quel disgraziato” è qualcuno che conosci già.
PM:  Lei ha avuto altre telefonate, ora gliele leggo. Per esempio suo  cugino (Gallo Domenico) che la chiamò.
 Nell’immediatezza dei  fatti commentando di come ci deve essere stato male per l’accaduto.
BONIFAZIO: Neanche me la ricordo la telefonata, che ha telefonato sì. Ma quello  che ci siamo detti non ricordo esattamente. Sicuramente si sarà  domandato cosa è successo.
PM: Le leggo il passaggio: (Gallo) “…  Cugì, stò pensando a come ci dovrà rimanere male quel grandissimo figlio  di puttana che immediatamente sarà andato ad offrirsi, parchè fanno  cosi eh, sono come gli sciacalli, immediatamente.. eh, questo qua, come  ha fatto il coso, subito sicuro si è presentato.. dice: eh, gli è  successo questo, noi siamo disponibili, abbiamo i mezzi, abbiamo la  flotta, abbiamo qua e abbiamo la.. come ci deve restare di merda quando  gli dicono: alt, per noi è sempre quello..”
BONIFAZIO: La telefonata me la ricordo, ma le cose che ho detto e che mi ha detto non ricordo.
 PM: Lei Bonifazio ci vuole dire che successo quel che è successo lei ha  avuto rabbia per un po’, poi è ripartito e a questo punto è ripartito e  non ha più voluto sapere nulla.
PM: Rispetto a Nicolino Sarcone ebbe modo di sdebitarsi per questo suo interessamento?
BONIFAZIO: No, nessun debito o sdebitamento.
PM: Lei sapevo che era sotto processo con l’accusa di essere sotto processo per ndrangheta?
BONIFAZIO: No.
PM: Ma non ha detto che leggeva i giornali?
BONIFAZIO: Si, ma i giornali dicono e non dicono.
 PM: Lei ha detto con Sarcone “ci conoscevamo da giù”. Poi ci siamo persi di  vista ma leggevo di lui sui giornali. Quindi leggeva di lui?
BONIFAZIO:  Io non  è che leggevo i giornali dalla mattina alla sera. Ma non è che posso dire se era mafioso o no.
CARUSO: Bonifazio, chi è reticente va sotto processo per falsa  testimonianza. Per il momento la ammonisco. Sta dicendo cose  contraddittorie e incomplete.  Perché allora non ha voluto incontrare Blasco e Sarcone?
BONIFAZIO:   Perché avevo paura.
CARUSO: Di cosa?
BONIFAZIO:  Di tutto. Non me ne rendevo conto nemmeno io. Sapevo che non era una cosa bella.


Saluti in aula tra i cugini Bonifazio Domenico (teste che viene  ascoltato in questo momento) e l’imputato Blasco Gaetano (chiuso dentro  la gabbia in aula).


PM: Le ricordo che lei, durante l’interrogatorio, ha negato  reiteratamente di conoscere “Nicolino S.”, quello del fax. Ha anche  detto: “Non voglio vedere nessuno che mi peggiorate le cose”. Perché?
BONIFAZIO: No dottore, l’ho detto in un momento di nervi.
BONIFAZIO: Sembra quasi che ora sono io l’indagato.
CARUSO:  Succede quando la vittima fa pensare durante un interrogatorio agli  investigatori che vogliono trovare gli autori di un attentato come quello che ha subito lei, di stare più  dalla parte degli attentatori  che dalla parte degli investigatori. Questo processo si fa perché  l’accusa afferma che sul territorio c’è una organizzazione che agisce  con lo scopo di indurre omertà elle vittime. Questa è l’accusa che si deve provare.
 

PM: Lei a questo punto deve prendere una decisione. Spiegare quello che è  successo. Non chi è stato, quello è compito degli organi competenti. Io  le ho chiesto dei SUOI rapporti con Sarcone e Blasco e perché riteneva  inopportuno un incontro con loro dopo l’incendio e del fatto che lei ha  detto che sono dei poco di buono.


Inizia il controesame l’avvocato difensore di Blasco Gaetano
CARUSO: Nel fax scritto da sua figlia leggiamo: “papà sa che non sono  stati loro”. Perché sente il bisogno di rassicurare sul fatto che lei  non sospetta di loro?
BONIFAZIO: Perché se avevamo un’amicizia di lunga data e poi ci siamo persi di vista non poteva essere lui.
CARUSO: Perché allora sente il bisogno di dirglielo?
BONIFAZIO: Non mi poteva fare del male.
CARUSO: Perché si poteva pensare che era stato lui, e poi lei lo esclude?
BONIFAZIO: E che fa, presidente, uno fa del bene oggi e del male domani?
CARUSO: Si ma perché sente il bisogno di dirlo?
BONIFAZIO: Forse per dirgli grazie e per il bene che mi aveva fatto.

Termina la deposizione del teste, Domenico Bonifazio.
 

Dichiarazioni spontanee in aula dell’imputato Blasco Gaetano
 “Volevo solo chiarire il discorso di Badalamenti. Io non lo conosco, non  ci sono mai stato non la conosco questa persona. Il discorso di Macrì:  ci siamo visti al bar e poi niente di che, niente di che. Adesso siccome  lui è una persona (riferendosi a Bonifazio Domenico) … siamo cugini ma  non ci siamo frequentati.”

CARUSO: Io vedo l’aula vuota, e siccome i diritti di difesa sono diritti  di difesa e non devono servire solo per le astensioni. Abbiamo 147  imputati e vedo solo una decina di avvocati in aula. Siccome poi si  fanno le astensioni per il diritto di difesa vorrei che fosse una cosa  sempre garantita.

Entra in aula il teste, Cipriani Pietro
CIPRIANI PIETRO:  Sono un imprenditore, ci occupiamo di spostare e  trasportare sabbia. Abbiamo subito un incendio il 5 novembre 2012.  Abbiamo subito questo incendio in una cava in provincia di Parma.  Bruciati un camion, un escavatore e un camioncino. Ha rappresentato uno  dei tanti problemi in un settore già sfortunato e ha messo in difficoltà  la nostra azienda. Ho avuto contatti con Silipo Antonio. Contatti sia  prima che dopo. Successivamente sono stato contattato, la stessa settimana  dell’incendio, da Silipo, per reinstaurare un rapporto lavorativo ma  dalla nostra azienda non c’erano margini di trattativa anche perché  avevamo un credito dalla loro azienda. Secondo lui dovevamo cercare di  ricollaborare e vantare ancora crediti, la promessa era che facendolo  lavorare poteva pagarci. Siamo stati fregati una volta ma poi basta.  Successivamente ci sono state minacce a me e alla mia famiglia e abbiamo  abbandonato ogni tentativo di recupero crediti nei confronti di Silipo.
 

Entra in aula la teste Fiumano’ Emilia
PM: Conosce Costa Debora? Ha mai acquistato droga da lei?
FIUMANO’: No

PM: Conosce Valerioti Gabriele?

FIUMANO’: No
PM: Con Costa Debora che rapporti ha avuto?
FIUMANO’:  Avevamo un bar insieme. Siamo cresciute insieme.
PM: Ha mai acquistato droga da Costa?
FIUMANO’:  No, lo ripeto
PM: Ne prendo atto, ma dalle intercettazioni riteniamo di si.
CARUSO: se le hanno fatto questa domanda è perché probabilmente hanno elementi per sostenere che la sua risposta odierna è falsa saremo costretti a denunciarla.
FIUMANO’:Si. Sapevo qualcosa sulla droga. Che c’era stato un problema di questo genere ma io non ho acquistato droga da lei.
CARUSO: ma il reato non è acquistare, ma vendere.
PM: Lei ha fatto uso di sostanze stupefacenti?
FIUMANO’: Si.
CARUSO: sa se Costa Debora detenesse sostanze stupefacenti?
FIUMANO’: No, ne ho letto quando è scoppiata l’inchiesta Aemilia. Una  mia amica acquistava sostanze stupefacenti dalla Costa, ma io non  c’entro niente. Io non sapevo niente.
Termina la deposizione della teste, Fiumanò Emilia.

Entra in aula la teste, Namiri Noura.
PM: Conosce Costa Debora?
NAMIRI: Si, ho lavorato con lei nel 2011 per circa 3 mesi.
PM:  Ha mai acquistato droga da Costa Debora?
NAMIRI: No
PM:  Nel 2012 si è sentita con Costa Debora?
NAMIRI: Mi chiamava il datore di lavoro per andare a lavorare per qualche ora.
PM:  Nel 2012 conferma che non ha mai richiesto o acquistato droga dalla Costa?
NAMIRI: No
PM: Conosce Valerioti Gabriele?
NAMIRI: No
Termina la deposizione della teste, Namiri Noura.
 

  • Termina l’udienza.
    La prossima udienza si terrà mercoledì 20.


 

Trascrizione a cura di: S.D. - Impaginazione e correzione a cura di: S.N.

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