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mercoledì 29 giugno 2016

rito ordinario - primo grado

udienza nr. 18

AEmilia

RACCONTO DELL'UDIENZA

Esame Rangognini Matteo

Esame Neffandi Stefano

Controesame Neffandi Stefano

Dichiarazione spontanea Neffandi Stefano

Esame maggiore Nasponi - ex comandante della compagnia di Parma

Controesame maggiore Nasponi

​ore 10.00: In aula. Inizia l’udienza.

Un teste previsto per oggi, Russo, risulta irreperibile già dalla scorsa udienza.
 

 Entra in aula il teste, Rangognini Matteo.
 PM: Sa che lavoro faceva Cavedo Maurizio?
 Rangognini: Si lavorava nella polizia di Cremona.
PM: Ha mai chiesto a Cavedo informazioni su terze Persone?
Rangognini: Si, ho chiesto informazioni. Conoscevamo Cavedo come poliziotto. Io e la mia famiglia avevamo un problema con mia sorella nel senso che il suo ex fidanzato l’aveva picchiata. Parlandone con mia madre abbiamo deciso di capire chi fosse questo ragazzo. Io ho chiesto a Cavedo di fare ricerche. Mi ha detto che non c’era nulla.
PM: Rapporto con i Cavedo e i Vetere, può specificare?
Rangognini: Il rapporto era di amicizia da bar, con Vetere, lui mi aveva detto che conosceva delle persone dentro la Apple e poteva farmi avere a prezzo di fabbrica degli i-phone. Gli ho dato un acconto di 1000 euro ma non ho mai avuto il telefono, e mi ha restituito una piccolissima parte dei soldi che gli avevo dato. Io avevo fiducia in Vetere dato che era sempre accompagnato da un uomo delle forze dell’ordine.
PM: Le è mai stato proposto l’acquisto dei televisori?
Rangognini: Sì, ma visto il precedente con gli i-phone ho detto di no.
Termina la deposizione del teste, Rangognini Matteo.
 

Esame Neffandi Stefano

 Inizia la deposizione di Stefano Neffandi:

Io sono venuto in contatto con il signor Vanni e il signor Faccioli, a Verona. Io ero agente immobiliare. Avevo conosciuto il signor Marocchi (amministratore delegato della COOPSETTE di Castelnovo di Sotto), interessato a una lottizzazione nel veronese dove io operavo. Una mia conoscenza, il signor Rampello, mi aveva interpellato per chiedermi di aziende che si occupavano di impianti idraulici ed elettrici perché c’era l’opportunità d partecipare a una selezione di aziende per alcuni lavori al palazzo di giustizia. Marocchi mi presentò un paio di aziende interessate a questa vicenda. Mi presentò Faccioli e Vanni, uno per quanto riguarda impianti idraulici e uno elettrici. Non era a chiaro se l’operazione era vantaggiosa o meno. Mi avrebbero dato una percentuale se il lavoro fosse andato bene. Il signor Mei, avvocato, invece specificò subito che voleva essere pagato più volte, con una percentuale del 5%. Voleva essere pagato in tre tranches. L’importo faceva si che le due aziende dovessero pagare un prezzo di 250.000 a testa. I soldi furono portati e consegnati a Roma all’avvocato Mei. La seconda tranche invece a Marocchi.
Quando Vanni capì la situazione mi denunciò al tribunale di Mantova. Fui interrogato e contattato mesi dopo da parte di un Maresciallo della guardia di finanza che mi disse di andarmi a prendere tutta la documentazione perché il caso era stato archiviato. La scelta del Faccioli fu diversa, non mi denunciò, venne da me e mi disse che per reperire questi 250.000 euro si era messo dentro una situazione difficile. Andiamo addirittura a Roma per ritrovare queste persone, contattai Rampelli che mi aveva messo in contatto con loro chiedendogli di aiutarmi a ritrovarli per riavere i soldi di Faccioli che era disperato. Faccioli mi aveva detto che si era esposto verso dei calabresi, “vengono a trovarmi a casa, aiutami ho paura” mi diceva. Faccioli mi chiese un appuntamento a Verona, in quella specifica occasione mi presentò la persona a cui doveva i soldi, ovvero Romolo Villirillo. Preoccupato dalla situazione, io dissi a Rampello che dovevamo risolvere questa situazione. Fissiamo un nuovo appuntamento a Mantova. Oltre a Faccioli c’era Romolo Villirillo (che Faccioli mi presentò come suo creditore) e una persona che lui mi presentò come suo cugino e mi disse che se lui non ci fosse stato, avrei potuto fare affidamento a lui, io ero molto teso. Villirillo mi aveva fatto una proposta, che questi 250.000 euro di Faccioli li potevo risolvere pagando 50.000 euro a lui. Lui mi disse “io ti lascio stare, ma tu recuperami subito 50.000 euro e ti risolvo io il problema”. Vengono fissati i vari appuntamenti per iniziare a pagare questi 50.000 euro. I soldi io li ho sempre dati a Villirillo, tranne una volta che lui era con una persona che lui mi definì come suo uomo di fiducia, suo ragioniere, me lo presentò a Verona est. In quel caso i soldi li consegnò a questo signore, erano 5.000 euro. Il pagamento di denaro fu diverso di volta in volta, prima di arrivare alle cambiali, io pagai circa 15.000 euro perché Villirillo mi chiamava tutti i giorni, ci vedevamo spesso e io gli davo piano piano dei soldi.
Ci fu anche un appuntamento di notte per il passaggio di questi soldi, 7000 euro. Erano cifre medie che man mano recuperato lavorando e le pagavo di volta in volta a Villirillo. Io dissi che probabilmente non avrei avuto sempre disponibilità in contanti, Villirillo mi disse “noi abbiamo società, quelle che vuoi, non c’è problema”. Poi Villirillo sparì e fui contattato da un’altra persona a nome suo, per chiedermi i soldi, ma io non finii mai di pagare i 50.000 euro. Mi dissero che Villirillo era stato arrestato, ma non ricordo chi me lo disse. In una occasione parlai che si poteva recuperare il denaro dal famoso avvocato Mei. Villirillo mi disse che i suoi amici poteva cercare l’avvocato Mei che io non riuscivo più a trovare a Roma. Mi disse che erano andati a casa di questo avvocato ma la moglie disse che era in Albania, ma poi scoprirono che era nascosto a casa.
 

PM Mescolini: Lei ai Carabinieri disse letteralmente “Romolo si impegnava con la sua organizzazione criminale..”
Neffandi: Si, a recuperare il denaro. Si mi disse che aveva una organizzazione tale sul territorio italiano che poteva cercare l’avvocato Mei e farsi dare i soldi. Mi fu fatto riferimento esplicito. Villirillo mi faceva sempre intendere, mi parlava di una organizzazione e di una rete su tutto il territorio nazionale, mi disse che avevano amici dappertutto. Mi dissero “non ti preoccupare che al signor Mei glieli facciamo tirare fuori i soldi. O a lui, o alla moglie o al figlio”.
PM Mescolini: l’accordo per le cambiali quando avviene?
Neffandi: Con una serie di telefonate e un incontro. Mi disse che gli serviva urgentemente una cifra più grande.
PM Mescolini: Ai carabinieri ha detto che normalmente quando le veniva presentato qualcuno come suo cugino, dicevano “anche questo suo cugino fa parte di noi”.
Neffandi: Si, che faceva parte della sua associazione. Un suo cugino lo vidi due volte . Poi i carabinieri mi fecero vedere una sua fotografia, lo riconobbi. Ma al momento il nome non mi viene in mente.
PM Mescolini: ai carabinieri ha riferito che in alcune occasioni c’era un tale Giuseppe che accompagnava Villirillo Romolo. Anche un tale Franco.
Neffandi: Si è vero. Io ho sicuramente riconosciuto quel cugino di cui parlavamo prima.
PM Mescolini: Lei ha detto che dopo l’incontro a Desenzano non ha più sentito Villirillo, ma quel Giuseppe che lo ha contattato dal numero di Villirillo
Neffandi: Si, io poi chiamai Faccioli per dirgli che Villirillo, che mi era stato presentato da lui come suo creditore, non si faceva più sentire ma che mi aveva contattato un altro di nome Giuseppe. Io dissi a Faccioli quanti soldi avevo dato a Villirillo e Faccioli mi disse che Villirillo aveva avuto problemi con la giustizia. Poi ho ricevuto un’altra telefonata dal cellulare di Villirillo, ero ad una riunione e non potevo parlare. Gli dissi che non avevo più intenzione di parlare con lui perché avevo parlato con i carabinieri.
 

 Il Pubblico Ministero propone alcune foto al teste, Stefano Neffandi, che sta compiendo, adesso, il riconoscimento in aula.
 

Controesame Neffandi Stefano

Inizia il CONTROESAME del teste, Stefano Neffandi, da parte dell’avvocato difensore di Giuseppe Villirillo, cugino di Romolo Villirillo.
Alcuni passi del controesame del teste, Stefano Neffandi, da parte dell’avvocato di Villirillo Giuseppe:
avv: A quanto ammontava questo appalto pubblico?
Neffandi: Circa 10 milioni di euro
avv:Quindi a Faccioli e Vanni avevano richiesto 250.000 euro a testa. Ha mai ricevuto denaro da Faccioli?
Neffandi: Dati a me da tenere o consegnare successivamente no. Faccioli me li dava e io li davo a Mei. Erano soldi sempre in contanti.
avv:Non le sembrò strano che in un appalto pubblico giravano soldi in contanti?
Neffandi: Tutti sapevano che questa sarebbe stata una facilitazione.
avv:Possiamo affermare che era una tangente?
Neffandi: Si
avv:Perché non ha denunciato queste persone?
Neffandi: Perché io avevo fatto solo da relatore nella vicenda, non reputavo di fare io la denuncia. Se fosse andata bene io avrei avuto un beneficio.
avv:Faccioli ha stipulato un contratto con Rampello e Mei che formalizzava la cessione di 250.000 euro?
Neffandi: Non lo so.
avv:Faccioli, resosi conto che non poteva più rientrare in questi 250.000 euro lei ha fatto un incontro con questi soggetti?
Neffandi: Io feci un incontro a Roma in cui chiedemmo all’avvocato Mei di rispondere del fatto che tutta la situazione era una bufala. Lui ci disse che ci saremmo risentito per risolvere tutto.
avv:Faccioli poi le presenta Romolo Villirillo, quando e Dove?
Neffandi: All’uscita di Verona sud, febbraio 2011. Faccioli mi disse che si era indebitato con Romolo Villirillo.
avv:Lei ha parlato prima di “organizzazione” anche CRIMINALE?
Neffandi: Il termine criminale l’ho dedotto io da tutto quello che mi diceva Romolo Villirillo. Mi diceva cose pesanti, non è che uno pensa sia una organizzazione di matrimoni.
avv:Erano cordiali le telefonate con Villirillo?
Neffandi: Dopo il primo pagamento, l’ho già detto, i rapporti divennero cordiali e tranquilli. Il tono di Romolo Villirillo cambiò quando iniziai a pagare. Da minaccioso prima, a cordiale dopo.
 

Termina il controesame del teste, Stefano Neffandi, da parte dell’avvocato difensore di Giuseppe Villirillo, cugino di Romolo Villirillo.
 

Stefano Neffandi: Quando Villirillo mi chiese 20.000 euro, prendemmo in considerazione varie ipotesi, come assegni post-datati. Poi optammo per le cambiali.
 

Vengono mostrate in aula le foto di un servizio di OCP del 27 maggio 2011. Il teste, Stefano Neffandi, afferma che in questo incontro sono presenti lui, Faccioli, Rampello, Villirillo e il suo accompagnatore, presentato a Neffandi da Romolo Villirillo come suo cugino.
 

La deposizione del teste, Stefano Neffandi, termina con queste parole:
Io mi sentivo responsabile nei confronti di Faccioli per averlo coinvolto in questa vicenda. Faccioli si commiserò con me e Rampello dicendoci che si era infilato in un problema perché aveva attinto denaro da qualcuno che lo stava minacciando. Mi disse “ragazzi datemi una mano perché non so uscirne”. Villirillo mi disse “l’azienda di Faccioli ora è mia, noi sappiamo dove abiti”. Non avevo bisogno che mi puntassero una pistola per capire di cosa stavamo parlando. Quando io spiegai che non potevo pagare 250.000 euro Villirillo mi disse “me ne dai 50.000 subito e poi ci penso io a recuperarli. Noi abbiamo amici su tutto il territorio e possiamo trovare il signor Mei”.
 

Vi proponiamo le pagine dell’ordinanza di misure di custodia cautelare in cui si parla della vicenda raccontata adesso in aula.


 


 

  • PAUSA UDIENZA

  • 15.20 In aula, riprende l’udienza.
     

Esame maggiore Nasponi - ex comandante della compagnia di Parma

La mia compagnia inizia a fine 2013 una indagine su un gruppo di ladri  che operava nella zona della provincia parmense. Un gruppo di nomadi  sinti a cui occasionalmente si univa Alfredo Amato, calabrese, che viene  indagato da noi e successivamente anche intercettato. Questo soggetto  diventa importante per la sua caratura criminale e i collegamenti con  ambienti ndranghetisti. Approfondendo le indagini lo vediamo coinvolto  con appartenenti alla malavita reggiana. Ci siamo messi in contatto con i  colleghi di Fiorenzuola D’Arda.

Intercettazione 20 maggio 2012, tra Amato Francesco e Pellegri  Francesco. Pellegri dice ad Amato “un bel pezzo di questi soldi è anche  tuo”. La volontà di Amato non è dunque aiutare Pellegri ma avere la sua  parte di denaro.

Subentra la figura di Silipo Antonio, personaggio importante, portavoce  di Nicolino Sarcone, personaggio di spicco della criminalità,  lo  consideriamo così dal punto di vista investigativo.
 

Breve riassunto della vicenda raccontata adesso in aula:
Francesco Pellegri si rivolge  ad  Amato Francesco  e  Amato  Domenico  per  sistemare una  vicenda  legata  al  pregiudicato  Cagliostro   Giovanni. Quest’ultimo,  infatti,  avrebbe  ricevuto  denaro  dal   Pellegri  senza  poi  rispettare  gli  accordi,  relativi all’apertura   di  alcuni  punti  vendita.  Viene analizzato in aula il ruolo degli  Amato e di Antonio Silipo, considerato dagli investigatori portavoce di  Nicolino Sarcone.
 

Breve riassunto della vicenda raccontata adesso in aula:
Renzo   Melchiorri, artigiano autotrasportatore , contrae un debito di 51.000  euro   con la  ditta  di  combustibili  GIBERTINI.  Antonio Silipo, dopo   aver  acquistato  un  credito  di  51.000€  dalla  ditta  “GIBERTINI”,  lo pagherà  solamente 5.000€ e si rivolgerà  a  Melchiorri  per   esigere  il  pagamento del debito contratto dall’artigiano. Silipo  otterrà circa 25.000 euro. Melchiorri non dichiarerà mai di aver avuto  pressioni. Gibertini riterrà consona  la cifra  di  5.000€  per  una   cessione  di  credito  di  51.000€.
“Mettiamoci l’anima in pace che questi soldi devono venire fuori in un modo o nell’altro.  Mettiamoci l’anima in pace”.  Antonio Silipo in una intercettazione.
 

Il Maggiore Nasponi racconta in aula la vicenda inerente all’estorsione  nei confronti di Marcello Dall’Argine.  L’argomento viene introdotto  citando un episodio:
il 5 agosto 2012,  in  via  Montegrappa  nel   Comune  di  Sant’Ilario  d’Enza  (RE),  viene registrato un incendio  di   natura  dolosa  che danneggia la  copertura  in  legno  della   villetta  centrale,  facente  parte  di  un  fabbricato  in   costruzione,  costituito da  tre  diversi  edifici.  L’attività  di   indagine  accerta  che  il  cantiere  era di  proprietà  della  VESTA   s.r.l.  di  DALL’ARGINE  Marcello.
 

Controesame maggiore Nasponi

Inizia il CONTROESAME del teste, il Maggiore Nasponi, da parte dell’avvocato difensore di Francesco Amato.

Termina la deposizione del Maggiore Nasponi,  ex Comandante della compagnia di Parma.
 

Il teste, il Maresciallo Melegari Danilo, comandante della Stazione  dei Carabinieri di Neviano degli Arduini,  parla della vicenda inerente  all’ estorsione nei confronti di Giovanni Pierucci da parte di Alfredo  Amato.  Abbiamo capito che alcuni personaggi calabresi si  appoggiavano a imprenditori del luogo con pretesti arbitrari,   chiedevano soldi che non gli spettavano. Inizialmente individuiamo  Alfredo e Francesco Amato. Dalle intercettazioni capiamo che chiedono  soldi a artigiani del settore edile.
Noi abbiamo chiamato più volte Giovanni Pierucci,  ma non si è mai  presentato.  Voleva tenere segreti questi rapporti con Amato. Il  fratello di Giovanni Pierucci, Cesare, invece ha avuto un atteggiamento  diverso.

Pierucci Giovanni consegna ad Amato un’auto e una moto. Infatti,  nell’ordinanza si legge “Da  numerose  telefonate  intercettate  si   evince  chiaramente  che  l’imprenditore  Pierucci  Giovanni deve  del   denaro  ad  AMATO  Alfredo.  Pierucci,  che  si  trova  in  difficoltà   economica,  per  arginare  le continue  e  incessanti  richieste  di   denaro  è  costretto  a  cedere,  su  volontà  dell’Amato,  una   macchina ed uno scooter”.
 

Il Maresciallo Melegari legge in aula le intercettazioni tra l’imprenditore Giovanni Pierucci e Alfredo Amato.

Il Maresciallo Melegari parla dell’auto di Michele Colacino che viene  data alle fiamme il 14  Novembre  2011, a  Reggio  Emilia:

Seconda auto bruciata al 37enne - Gazzetta di Reggio 17 novembre 2011

Come nel maggio 2010 nel mirino un imprenditore calabrese

C’è un inquietante filo che lega l’incendio doloso di lunedì sera con un fatto analogo di un anno e mezzo prima: stesso tipo di macchina (una Bmw 730), stesso posto (il parcheggio di via Cecati) ma soprattutto stesso proprietario dell’auto in fiamme, cioè l’imprenditore calabrese 37enne Michele Colacino che lavora nel settore degli autotrasporti.

Quindi per la seconda volta Colacino si ritrova coinvolto – suo malgrado – in un atto intimidatorio che lo lascia attonito e su cui la Mobile sta indagando perché, al momento, non si esclude il cupo “avvertimento” di un’organizzazioni mafiosa attiva nel racket delle estorsioni e del gioco d’azzardo. Piste in odore di ’ndrangheta che l’imprenditore da sempre smentisce: non ha sospetti, è molto infastidito per sè e per la sua famiglia per quanto sta accadendo e ritiene più credibile un atto vandalico. Anche nel maggio 2010 l’imprenditore aveva raccontato alla Gazzetta tutto il suo stupore: «Ho la massima fiducia nella magistratura e nella polizia – aveva rimarcato Colacino – e le indagini che stanno conducendo porteranno, ne sono certo, alla conclusione che nel mio caso si è trattato di un vandalismo. Anche perché io non ho conti aperti di nessun genere con usurai o altre forme di malavita. Ho sempre rispettato la legge».


Intercettiamo alcune telefonate tra Valerioti Gabriele e Amato Alfredo.  Chiamate che vengono intercettate in via Canalina, vicino via Cecati,  luogo in cui quella notte viene data alle fiamme all’auto di Michele  Colacino.
Valerioti Gabriele non c’entrava nulla con i furti. Infatti non era  monitorato. Viene monitorato successivamente quella notte del 14  Novembre 2011.

Maresciallo Melegari: Valerioti Gabriele, oltre a tenere contatti con alcuni imputati in questo procedimento, spacciava cocaina insieme alla compagna.

Maggio 2012 chiamata tra Sarcone Nicolino e Silipo Antonio. Sarcone  Nicolino,  Blasco Gaetano e Silipo Antonio si incontrano e cenano  insieme. Silipo Luigi chiama il fratello Antonio e vuole parlare con  Sarcone Nicolino e dice “a Dimitri gli ho detto di venire domani  mattina”. Sarcone dice che l’indomani non ci sarebbe stato. Silipo  Antonio dopo una mezz’oretta chiama il fratello e gli dice di far venire  da loro Menozzi Dimitri che però non vuole andare. Menozzi Dimitri è un  imprenditore che attraversa una forte  crisi economica. Menozzi Dimitri comunque si recherà da Silipo, Sarcone e  Blasco.  Menozzi è particolarmente scosso dal fatto che questi signori  vogliono fargli pagare dei soldi. Il 24 maggio 2012 incontra Blasco,  Silipo e Sarcone, si spostano e a seguito delle insistenze da parte dei  tre, emetterà 20 cambiali da 500 euro. La prima cambiale può essere  scambiata nel luglio 2012. Menozzi Dimitri è poi stato sentito dai  Carabinieri.
 

18.30: Termina l’udienza.

Trascrizione a cura di: S.D. - Impaginazione e correzione a cura di S.N.

RASSEGNA STAMPA​

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dichiarzione Neffandi
contresame neffandi
Esame Neffandi
esame nasponi
controesame maggiore nasoni
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