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AEmilia

udienza nr. 27

rito ordinario - primo grado

venerdì 16 settembre 2016

RACCONTO DELL'UDIENZA

Ore 9.30 in aula: inizia l’udienza.

Maresciallo Capo Gandolfi Cristian

Cesarini Andrea

Amato Alfredo - dichiarazioni spontanee

appuntato Caruso Vincenzo - Nucleo investigativo di Reggio Emilia

Grammatica Annalisa

Grasselli Federico - notaio


Il teste Pierucci Giovanni risulta irreperibile. Il tribunale conferma l’ordinanza di accompagnamento del teste e invita ii Carabinieri a svolgere le dovute ricerche e a segnalare al tribunale stesso il rintracciamento del teste.

Entra in aula il teste, il Maresciallo Capo Gandolfi Cristian che parlerà dell’inchiesta Octopus, dell’estorsione a Cesarini Andrea e del ruolo di Mirco Salsi.

Il teste parla del rapporto con Silipo Antonio, del prestito, della restituzione dei soldi e del tasso di interesse.
 

Mirco Salsi entra nell’indagine essendo amico di Gibertini. Vengono captate telefonate tra i due. Salsi essendo un imprenditore reggiano e avendo disponibilità economiche viene usato da Gibertini come persona che può disporre di denaro per fare affari con persone vicine a Gibertini e successivamente con Silipo Antonio. Salsi per questa sua disponibilità economica, tramite Gibertini e Castaldi e Pregliasco, inizia a investire denaro dietro fatturazioni per operazioni inesistenti. Salsi aveva dato una somma di denaro a Gelmi Maria Rosa per avere la possibilità di entrare a far parte di un appalto del ministero di grazia e giustizia.
 

Prime telefonate in chiaro. Poi avviene l’uso di citofoni, telefoni a circuito chiuso, telefoni puliti, idea portata avanti da Castaldi e Pregliasco che servono ai due, a Silipo, a Gibertini e Salsi per parlare in maniera libera tra loro. In conversazioni captate su queste utenze si capisce che Salsi inizia a fare affari con Silipo ben consapevole, e le conversazioni lo dimostrano bene, della caratura criminale di Silipo e del fatto che sia legato a Sarcone Nicolino.
 

I "citofoni" sono normali telefoni cellulari con sim card che vengono usati solo ed esclusivamente tra loro. Nessun altra comunicazione se non tra le cinque utenze: Castaldi, Pregliasco, Silipo, Gibertini e Salsi. Lo capiamo nel settembre 2012 tramite un’ intercettazione ambientale sulla macchina di Gibertini, lo sentiamo rispondere al telefono ma non rintracciamo conversazioni nel suo telefono e capiamo che stanno usando un altro telefono. Capiamo che vogliono eludere i controlli da parte delle forze dell’ordine.
 

Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche si capisce che c’è una elargizione di denaro da parte di Salsi nei confronti di Silipo perché Silipo si è prodigato tramite altre persone per cercare di recuperare il credito milionario di Salsi
 

Silipo dice a Salsi che ha appuntamento con una persona di Milano che si deve interessare del recupero del suo credito.
 

Salsi parlando con Gibertini:
“Poi sinceramente sono rimasto deluso l’ultima volta perché la cosa non era come ci veniva rappresentata.. cose che non c’era più traccia”.
Salsi vuole dire che l’ultima volta non è rimasto contento perché ha dato i soldi, gli hanno dato aspettative ma non ha visto i risultati.
 

In questo giro di citofoni è stato chiesto da parte di Salsi di inserire il figlio Gianluca. Salsi essendo imprenditore ed essendo impegnato e assente spesso dalla provincia avrebbe voluto incaricare il figlio Gianluca.
 

Sarcone Nicolino essendo il punto di riferimento ed essendo colui che dava disposizioni a Silipo, era nell’interesse di Silipo dargli un citofono. Questo non accadde perché Pregliasco non riuscì a fornire questo apparecchio.
 

Periodo delle conversazioni citofoniche è del settembre 2012. L’indagine ha assunto un incremento notevole perché la qualità di quanto ascoltato ha consentito agli investigatori di venire a conoscenza di tanti particolari. Siamo venuti a conoscenza delle dinamiche di tutti i traffici che venivano messi in opera da questi cinque sodali e si veniva a conoscenza della perfetta conoscenza da parte di Salsi e Gibertini della caratura criminale di Silipo e anche di Sarcone Nicolino. Ci sono conversazioni ambientali e telefoniche dove Gibertini dice di essere stato da Silipo, di aver incontrato Sarcone e di risposta Salsi dice “quello è il numero uno in provincia”. Entrambi conoscono molto bene i personaggi e sanno che sono legati alla criminalità organizzata
 

Ci sono telefonate dove Salsi parla con il figlio Gianluca e lo delega di andare presso la casa di Silipo per portare denaro da destinarsi a Sarcone. Salsi dice al figlio “recati tu a casa di Silipo” e dalla conversazione si capisce che Sarcone è a casa di Silipo.
 

Intercettazioni ambientali dove più volte si parla del legame Silipo e Sarcone. Salsi è al corrente del fatto che Gibertini con Silipo va a mangiare da Sarcone. Salsi è perfettamente al corrente del fatto che gli investimenti che lui tramite Gibertini fa con Silipo non sono legati solo al recupero credito ma anche al reimpiego di denaro. Il recupero credito è legato solo a una circostanza, è una occasione in cui si cerca di fare il recupero, ma poi c’è un costante contatto tra Silipo e Gibertini. Trovate fatture false tra la ditta di Salsi e quella di Silipo. Salsi è perfettamente a conoscenza di cosa sta facendo e per chi.
 

Inizia il controesame dell’avvocato Bucchi, difensore di Mirco Salsi.
AVV: Io ho letto la frase “è il numero uno in provincia” detta da Salsi come una domanda e non come una affermazione. Quindi non vedo la consapevolezza di Salsi sul ruolo di Sarcone.
AVV: Queste intercettazioni telefoniche a cui lei fa riferimento che le danno la certezza che Salsi abbia conoscenza dei suoi interlocutori in che periodo avvengono?
mar. Gandolfi: Dal settembre 2012 in avanti. Il 25 ottobre 2012 in particolar modo è il giorno dell’affermazione di Salsi “è il numero uno in provincia”

Gibertini dice a Salsi “come sono andato là e ho visto due persone… uno mi ha detto ma tu vieni sempre qui? E uno mi ha detto “Antonio è il numero uno” e l’altro mi fa il numero uno sono io.. hai già capito eh?” e Salsi dice “Sarkozy?” intendendo Sarcone, e Gibertini dice “bravo, proprio”.

Napoli Antonino è un personaggio calabrese che risiede a Rubiera. Arrestato dalla guardia di finanza di Modena. L’inizio dell’indagine Octopus vede la figura di Napoli e di altri personaggi, come i due generi

Intercettando Napoli scopriamo anche la figura e il ruolo di Gibertini. Noi iniziamo l’indagine, depositiamo la prima informativa nel dicembre 2011.

Termina il controesame dell'avvocato Bucchi, difensore di Mirco Salsi.
 

3 agosto 2012 tra Marina di Massa e Forte dei Marmi. Servizio di ocp finalizzato al fatto che Gibertini e Salsi volevano incontrare un magnate russo.


 

Entra in aula il teste, Cesarini Andrea
 

Piccolo stralcio dell'ordinanza per introdurre la vicenda che riguarda Cesarini Andrea. "Un imprenditore (Omar COSTI), attraverso l’intermediazione del solito GIBERTINI si rivolge
al sodalizio criminale per ottenere ciò che gli è precluso dall’ordinamento, vale a dire l’esazione di un credito nei confronti di tale Andrea CESARINI, di Roma. Immediata l’assunzione dell’impresa da parte del SILIPO che, dopo aver interpellato SARCONE ed averne avuto l’implicito benestare, attiva tale MORMILE Vittorio, legato ad ambienti malavitosi campani per l’attività di riscossione, con ben altro successo rispetto alla vicenda GELMI" .
 

Costi Omar lo conosco dal 2010. Abbiamo avuto rapporti commerciali di compravendita di materiale elettronico. Nel 2012 altre persone mi hanno richiesto un debito presunto contratto da me nei suoi confronti. Io ero il suo fornitore di materiale elettronico.

Cesarini racconta il sistema di vendita e acquisto e l’emissione di fatture tra lui e Omar Costi.

Questo tipo di rapporto ha generato delle pretese da parte di Costi nei confronti di Cesarini.

Realmente io non dovevo dare soldi a Costi. Nel 2012 Costi viene sotto casa mia e mi disse che doveva chiudere delle fatture e mi chiese liquidità.

Cesarini racconta l’emissione di fatture falsi tra lui e Costi.

PM: Lei disse ai carabinieri: “Con una movimentazione finanziaria, nell’estate 2012 Costi è riuscito a farmi risultare debitore per una ingente somma. Decisi di dargli una mano perché mi disse che era in difficoltà”.
Cesarini: Si, debitore nei confronti delle persone che mi sono trovato davanti ad ottobre nello studio del commercialista a Reggio Emilia.

PM: Lei disse: “Costi sosteneva che gli avevo rubato una somma di 300 mila euro circa”
Cesarini: Si.
Ad ottobre mi trovai davanti a due persone che mi dissero che a Costi mancavano dei soldi. Eravamo dal commercialista. Io, queste due persone e Costi. Io portai tutta la documentazione da cui risultava che io non dovevo nulla a Costi. Io non avevo nulla da dare a lui. Avevo delle provvigioni da incassare ma non ero debitore nei suoi confronti. Quel giorno dal commercialista mi hanno detto di sistemare i conti. Lì non mi hanno parlato della cifra. A me è stato detto a dicembre. Ad ottobre siamo dal commercialista, lui mi presenta queste due persone come collaboratori della sua azienda, mi parlano di conti non chiari e mi chiedono di delucidare i pagamenti che a lui non risultavano. In quell’occasione abbiamo esaminato tutta la documentazione con cui potevo dimostrare che non gli dovevo i soldi. Costi mi chiese di giustificare davanti a queste due persone se c’era un debito. In quel dialogo nello studio avevo capito che era qualcosa di pesante, date le persone che avevo davanti a me. Io non avevo soldi. Da quella giornata di ottobre fino a dicembre non ho avuto rapporti commerciali con Costi.

Queste due persone parlavano con un accento del sud.
CARUSO: Lei si è chiesto perchè intervengono loro?
Cesarini: Omar Costi me li presentò come due collaboratori dell’azienda che volevano capire dove erano finiti alcuni soldi.

Io ero proprietario di una Lamborghini che avevo messo in vendita nel periodo estivo. Ad agosto o settembre Omar Costi mi disse che Debbi Giuliano che aveva uno stabilimento balneare a Ravenna e mi chiese se gliela potevo prestare per un matrimonio organizzato in quello stabilimento.

Poi a novembre chiesi indietro la macchina. Io avevo visto la mia macchina parcheggiata a Roma nel magazzino della logistica ACT. A dicembre andai ad un incontro con Costi che mi chiese di vederci per sistemare il discorso della macchina e tutte le pratiche. All’appuntamento c’erano tra napoletani. C’era il proprietario della logistica ACT, Omar Costi con tutte le fatture ma non c’erano i due uomini del precedente incontro. C’erano tre napoletani.

In questo incontro di dicembre siamo stati per ore a ragionare sugli importi che mancavano. Da quello che lui diceva c’era un ammanco di circa 100 mila euro. Alla fine dei conti però non mi erano chiare alcune operazioni che lui mi aveva presentato. Chiesi la possibilità di esaminare altra documentazione per capire se realmente dovevo dargli questi soldi. Mi fu chiesto di andare a prendere un caffè. Durante il viaggio, Vittorio (Mormile) mi disse “non è questa la cifra importante per noi. I soldi sono spariti. Lui ha accusato te di aver preso questi soldi. Tu dici di no. Ho capito che non sei tu che hai rubato i soldi. Sei un bravo ragazzo” e poi mi ha detto di prendermi il tempo per risalire all’ammanco di soldi.

Mi dicono che io dovevo dimostrare la cifra del debito. Nel frattempo che io avrei visto le carte mi chiedono di fare un assegno da 50.000 euro a garanzia. Loro non avrebbero incassato l’assegno in attesa delle mie verifiche. Se il debito non c’era io avrei incassato il ricavo della vendita della mia Lamborghini.

Nonostante mi dissero che l’assegno non sarebbe stato incassato, l’assegno fu incassato dalla Silipo srl.

Vittorio diceva che era un credito loro. Mi disse che avevano dato dei soldi a Costi e che quindi questi soldi erano loro.

I tre napoletani mi dissero che stavano lì perchè i soldi erano loro.

Nel gennaio 2013, prima del compleanno di mio figlio che è il 20 gennaio, sono stato a Napoli da Vittorio Mormile per fare tutta la valutazione dei bonifici che a me non tornavano. Vittorio mi disse che non c’erano solo loro e che dovevo spiegare la cosa a Reggio Emilia perché oltre loro c’erano anche i calabresi.
 

PM: Lei disse al Pubblico Ministero: “Vittorio mi disse che la cosa era grossa in quanto erano coinvolti i calabresi e mi chiese di andare a spiegare le cose a Reggio Emilia. Ho preso Vittorio alla stazione e ci siamo recati a casa di Silipo a l’11 gennaio”.
Cesarini: Si, lui mi diceva che questi soldi che erano spariti erano dei napoletani e dei calabresi.

Io non conoscevo Antonio Silipo. Lo conobbi quel giorno. Eravamo io, Vittorio, Silipo, una persona che lavorava con me. Costi in quel momento non c’era. Silipo mi disse “quando si arriva qui è il capolinea. Qui si decide tutto”.

La stessa cosa che feci con Vittorio la feci con Silipo. Gli feci vedere la documentazione per dimostrare che non dovevo i soldi.

Venne Gibertini che già avevo visto altre volte insieme a Omar Costi. Silipo gli disse che i soldi non li avevo presi io ma era Omar che li aveva fatti sparire “dì all’amico tuo che non si fa così”. Silipo chiamò Omar Costi. Dopo arrivò anche Costi e gli dissi “guarda in che casino mi hai cacciato, io non c’entro nulla”.

Non si parlò tanto della cifra che doveva essere data. Ci fu un attimo di discussione. Silipo disse “basta, ho capito tutto”. C’era anche Vittorio durante questa discussione. Dopo fu detto che per quanto riguarda il debito ormai si erano mossi e per la sicurezza mia e della mia famiglia feci degli assegni.
 

Anche se si è capito che io non dovevo soldi loro mi chiesero comunque degli assegni di circa 330 mila euro. Io dissi a Silipo “allora questa è una estorsione”. Silipo mi disse “Non pensarla così. Pensa alla tranquillità dei tuoi figli”. Io risposi “e allora avete sbagliato cifra, perché la vita dei miei figli vale molto di più. La mia no, ma quella dei miei figli si”.
 

Io ho pagato per un totale di circa 200 mila euro.

L’importo complessivo era 350 mila. Questi assegni li misi sul tavolo. Li prese Silipo e fece una fotocopia. Io dissi che non avevo soldi per pagarli. Man mano gli davo piccole cifre in contanti. Man mano che pagavo, gli assegni venivano strappati..

Intorno ad aprile 2013 ci trovammo con Vittorio, Silipo e Castaldi. Dei tre assegni, quello intestato a “La Cavalleria” Silipo me lo restituì. A marzo aprile avevo già consegnato circa 70 mila euro.

Io non ho più opposto resistenza. Per disperazione io dissi che non avevo più niente. Vittorio mi disse che avrebbero provveduto a farmi recuperare qualcosa perché era giusto dato che io non dovevo nulla ma che la situazione era quella.

PM: Dei 350 mila euro dei tre assegni quanto ha pagato?
Cesarini: Prima circa 70 mila, poi 60 mila, poi circa 30 mila. Fatta eccezione della mia Lamborghini e del primo assegno da 50.000

PM: Lei disse: “Silipo ha incassato 50.000 euro e si è appropriato della macchina”.
Cesarini: Si, per me la macchina era sparita. La Lamborghini mi dissero che era stata venduta in Albania.
 

Il teste fa il riconoscimento fotografico in aula. Riconosce Vittorio Mormile, Omar Costi, Antonio Silipo, Marco Gibertini.
 

PM: Primo incontro a Reggio Emilia nello studio del commercialista del 17 ottobre 2012. Lei riferì al Pubblico Ministero “la prima sorpresa è che Omar era con due calabresi che mi presentò come due collaboratori”. Lei oggi ha detto che aveva capito che era una cosa grossa.
Cesarini: Si, se vengono chiamato a chiarire una situazione economica e vedo due persone che non capiscono bene come funziona la contabilità, ma mi dicono solo che vogliono sapere dove sono andati a finire i soldi, capisco che c’è qualcosa che non va. Sono stati ad ascoltare i pagamenti, le fatture. Assistevano all’incontro.
Quando io sono arrivato, Costi mi dice che mancavano soldi e che queste due persone volevano sapere il motivo. A un certo punto uno dei due mi disse “io non mi intendo di contabilità ma voglio solo sapere dove sono andati a finire i soldi”.
 

Gli imputati sono presenti in aula.
Il Presidente Caruso chiede al teste se riesce a riconoscere qualcuno.
Il teste preferisce non farlo.

 

Inizia il controesame del teste.

In quell’occasione i rapporti erano sereni. Non ci furono discussioni come ad esempio a dicembre. Ci furono solo dialoghi in merito alla fatture. Ogni tanto uno dei due mi chiedeva dove fossero andati i soldi. In quell’occasione non mi fu detto “mi devi dei soldi” ma “mancano dei soldi, dobbiamo capire”.

CARUSO: Le richieste che le sono state fatte, la richiesta massima a quanto ammontava?
Cesarini: Una volta tre milioni, una volta un milione e mezzo.
CARUSO: In concreto quanto ha dato?
Cesarini: Non ricordo in concreto la cifra esatta. Minimo 270 mila euro in contanti.
CARUSO: Assegni?
Cesarini: Oltre quello di 50.000 euro incassato dalla Silipo Srl ho fatto anche i tre assegni da 350.000 euro che però non furono incassati.

Termina la deposizione del teste, Cesarini Andrea.
 

Amato Alfredo

L’imputato Amato Alfredo afferma che per problemi fisici non potrà più essere presente alle udienze a causa di un intervento chirurgico che richiederà una lunga degenza e per questo motivo chiede se è possibile udire nelle prossime udienze Colacino Michele, persona offesa per l’incendio della sua auto e di cui lo stesso Amato Alfredo è accusato. Il Tribunale conferma che Colacino non verrà ascoltato in assenza di Amato.
 

Entra in aula il teste, l’Appuntato Caruso Vincenzo, agente presente durante il servizio di ocp del 17 ottobre 2012 e riconosciuto da Cannizzo Mario, Brigadiere dell’Arma CC in congedo.
 

Si legge nell’ordinanza:
“(Silipo Luigi, fratello di Antonio, e il brigadiere Cannizzo Mario) erano quindi da individuarsi gli esattori inviati dal SILIPO Antonio per conto del COSTI e tramite l’intermediazione del GIBERTINI. CANNIZZO, tuttavia, si accorge del dispositivo attuato dagli inquirenti per documentare l’evento di interesse investigativo avendo riconosciuto l’ex collega App. Caruso che di quel dispositivo faceva parte, e con abile manovra, prima esplorativa e, poi, più diretta, gli chiede conto di quella sua presenza (...). Le parole tranquillizzanti del graduato non lo rasserenano affatto, e torna più volte alla carica sino all’invito esplicito rivolto all’operatore di polizia giudiziaria di violare i propri doveri”.
 

app. Caruso: Faccio parte del Nucleo Investigativo di Reggio Emilia. Il 17 ottobre 2012 a seguito di attività di intercettazione veniamo a conoscenza di un incontro tra Omar Costi e altri soggetti presso lo studio di un commercialista. Viene predisposto un servizio per osservare questi soggetti. Nella mattinata notavo una persona che dalle sembianze sembrava il signor Cannizzo Mario. Informavo il coordinatore del servizio, il Maresciallo Gandolfi, al fine di non arrecare danno al servizio dato che io conoscevo Cannizzo. Abbiamo deciso di interrompere il dispositivo per quanto riguarda noi, c’era anche la guardia di finanza.

Ho riconosciuto Cannizzo e ho avvisato il coordinatore di servizio. Io ero fuori dal bar, ritenni rischioso restare lì. Ho visto una persona vicina a Cannizzo, il collega che era con me l’ha identificato in Silipo Luigi. Conoscevo Cannizzo perché era un ex militare dell’arma. Nel pomeriggio sono stato contattato da Cannizzo tramite l’utenza dell’ufficio e mi chiedeva conferma se ero io. Io dissi che ero lì per caso, per prendermi un caffè al bar. Ho chiesto perché non si fosse avvicinato a salutarmi e lui mi disse che non era sicuro fossi io. Mi ha chiesto se ero in servizio.
 

PM: Appuntato Caruso, non capisco se fa fatica a ricordare o se fa fatica a dirci qualcosa.
 

Iapp. Caruso: l giorno dopo mi ha chiesto un incontro per un caffè. Ci siamo incontrati e anche in questa circostanza ha chiesto se ero lì per caso o per servizio. Io ho ribadito quanto detto il giorno prima. Sempre lo stesso giorno, dopo l’incontro ci fu un’altra chiamata e mi disse che se ero lì per servizio potevo dirglielo senza problema.
Prima di questo episodio non ci sentivamo mai. Ci incontravamo qualche volta al bar. Qualche servizio negli anni 90 insieme lo abbiamo fatto.

PM: Lei ha mai chiesto a Cannizzo perché era lì? O parlava solo Cannizzo?
app. Caruso: Io non ho mai chiesto a Cannizzo cosa stesse facendo lì. Mi disse che aveva accompagnato una persona presso lo studio del commercialista ma non mi fece il nome. Io non lo vidi entrare, me lo disse lui dopo.

L’auto di Silipo Luigi fu controllata dai colleghi della guardia di finanza.
 

Inizia il controesame del teste da parte degli avvocati difensori di Cannizzo Mario
app. Caruso: dopo aver notato Cannizzo ci siamo allontanati. Il servizio è stato portato a termine dai colleghi della guardia di finanza.
Termina la deposizione del teste, l'Appuntato Vincenzo Caruso.

Rientra in aula il Maresciallo Capo Gandolfi Cristian per comunicare alcuni dati inerenti alle intercettazioni..
 

Udienza sospesa.
Si torna in aula alle 14.45.

 

In aula, riprende l'udenza.
 

Entra in aula il teste, Annalisa Grammatica.

La storia di Annalisa Grammatica è stata lungamente descritta durante le ultime udienze.


Per capire meglio, uno stralcio dell’ordinanza:
“Annalisa GRAMMATICA, giovane professionista reggiana, è un’altra delle vittime dell’attività usuraia di Antonio SILIPO.
I rapporti tra SILIPO e GRAMMATICA erano emersi già nel corso dell’attività di intercettazione
telefonica, dalla quale si ricavava che, poiché la donna non riusciva a restituire al Silipo il capitale
iniziale del suo debito, iniziava ad essere “pressata” e pesantemente minacciata telefonicamente da
questi che le richiedeva il rientro . Alla fine, esasperata e spaventata dall’atteggiamento del
calabrese, la donna si decideva a sporgere denuncia nei suoi confronti il 30.01.2014 presso la
Guardia di Finanza di Reggio Emilia integrandola poi verbalmente in data 5 febbraio 2014 sempre
presso ufficiale di p.g. di quel comando.
La GRAMMATICA rieriva che, all’incirca nel mese di aprile 2013, aveva rappresentato a Silipo,
da lei conosciuto a seguito di pregressi rapporti di lavoro, alcuni problemi economici e questi si era
offerto di prestarle dei soldi “a titolo di amicizia”. Infatti, nello stesso mese Silipo consegnava alla
donna la somma di € 10.000,00, metà con assegno e metà mediante bonifico bancario –
materialmente eseguito da COSTI Omar - pretendendo come 745 garanzia due assegni bancari
dell’importo di € 6.050,00 cadauno (allegati alla denuncia ). La GRAMMATICA si impegnava a
restituire a Silipo la somma mensile di € 2.100,00 a titolo di interesse per i primi 4 mesi, sino alla
restituzione del capitale iniziale”.
 

Conoscevo Silipo perché lavoravo nel settore edilizio. Un giorno parlando dei miei problemi economici mi ha detto che poteva aiutarmi. Sono andata nel suo ufficio e gli ho detto di quanto avevo bisogno e lui mi ha detto “non ti preoccupare ti aiuto io”. Ho iniziato a portargli dei soldi tutti i mesi e ad un certo punto mi ha detto che quelli erano solo gli interessi. Come capitale ho ricevuto 10 mila euro con un bonifico e un assegno. Siamo a marzo e aprile 2013.

Io ho pagato da aprile ad agosto 2.100 euro ogni mese. Io gli ho dato 5 rate e poi altri 1.500 euro. Io gli ho restituito 11.500 euro.

Io andavo nel suo ufficio e gli davo i soldi in contanti. Li davo a lui e a sua figlia Floriana. In garanzia di quel prestito erano stati fatti due assegni da 6.000 euro.

La teste riconosce in aula gli assegni dati a Silipo a garanzia.

Lui mi aveva detto che mi avrebbe tenuto gli assegni a garanzia e che una volta restituiti i 10.000 euro me li avrebbe ridato. Io dovevo ridargli i 10.000 euro con rate da 2.100 euro ogni mese.

Ma poi mi ha detto che non avevo finito di pagare. Voleva il mio garage e altri tre assegni con scadenza gennaio, febbraio e marzo 2014. Assegni da 10.000 euro ciascuno.

Io ho fatto la denuncia il 30 gennaio 2014.

Lui mi ha chiesto il garage perché non avevo la possibilità di dargli altri soldi. Il garage valeva 16.000 euro.

Il notaio non è riuscito a fare l’atto per il garage e Silipo mi ha chiesto altri soldi e per questo sono stati fatti gli assegni.
Il notaio aveva già capito la situazione e mi ha detto che non poteva farmi l’atto perché il garage era annesso all’abitazione.

Io ho firmato un atto in cui mi riconosceva debitrice di Silipo. Andiamo dal notaio e c’era anche il signor Costi.

“Non mi interessa, mi devi dare i soldi che mi spettano”. Io avevo paura perché mi passavano davanti all’ufficio, mi aspettavano fuori.

Silipo ha fatto il suo conteggio e mi ha detto che gli dovevo questi soldi. Io non ricordo come faceva i suoi conti ma io gli dicevo va bene.

Si procede con il riconoscimento fotografico. La teste riconosce Antonio Silipo.

Il 17 febbraio 2014 ascoltata dalla guardia di finanza disse “Silipo Antonio mi ha consegnato una somma di 10.000, 5.000 in assegno e 5.000 con bonifico”.

Volendo i soldi che io però non avevo, Silipo ha iniziato a ricattarmi. Io non avendo nulla gli ho detto che potevo dargli il mio garage per far finire le minacce. Al notaio dissi che avevo un debito con questa persona e che gli dovevo dare il mio garage. Andati dal notaio per fare l’atto il notaio mi ha detto che non poteva farlo.

Io dissi al notaio che il debito era di 16.000 euro.

I tre assegni da 10.000 euro ciascuno li portai nell’ufficio di Silipo nel periodo di ottobre.
 

Inizia il controesame del teste
Termina la deposizione del teste, Annalisa Grammatica.

 

Entra in aula il teste, il notaio Grasselli Federico

Conosco la signora Grammatica perché ha lavorato in un’agenzia immobiliare a Guastalla. Lei si è rivolta a me ma io ho dovuto dire no perché non era una cosa fattibile. Sono stato chiamato dalla guardia di finanza in prossimità di quell’evento. Il problema era se era possibile fare la vendita di un garage per separare il garage dalla villetta. E la cosa non era fattibile a causa della normativa vigente.

La Grammatica mi disse che aveva un debito nei confronti di questa gente che io non conoscevo.

Non era possibile staccare il garage dall’appartamento. O si vende tutto, appartamento e garage, o non si vende niente.

PM: Lei non ebbe l’impressione che la Grammatica fosse sotto usura?
notaio Grasselli: No. Io non ricordo chi c’era con la signora Grammatica quel giorno.
Loro mi parlarono di vendita, di intestare il garage a qualcuno ma non ricordo chi..

PM: Lei parlò dei costi dell’atto?
notaio Grasselli: Non ricordo.

PM: Le farei vedere l’album per il riconoscimento fotografico.
notaio Grasselli: Guardi, io li ho visti tre anni fa, nel 2013, per dieci minuti. Io non ho avuto alcun sospetto e il colloquio è stato tranquillo.

CARUSO: Notaio, il Pubblico Ministero ha l’impressione che lei non ci stia dicendo tutto.

Termina la deposizione del teste, il notaio Federico Grasselli.
 

Entra in aula il teste, Cerruti Stefano

- fine trascrizione -

Trascrizione a cura di: S.D. - Impaginazione e correzione a cura di: S.N.

RASSEGNA STAMPA

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